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Episodio numero 47 del mio Podcast Articoli in voce

Indice

1. Una giornata normale che si trasforma in un incubo

2. Fiat lux (E luce fu)

3. La storia del gas

4. Energia in tempo di guerra

5. Le fonti energetiche alternative

6. Conclusioni

Che vita sarebbe senza l’energia?

Energia (elettrica e gas): mai come oggi l’argomento è attuale: se all’uscita della pandemia ci siamo ritrovati senza materie prime per via dell’elevata domanda in fase di ripresa, pagando il prezzo del rincaro per la produzione, oggi il problema dell’approvvigionamento è una conseguenza delle decisioni dell’UE di imporre una liberazione – pressoché immediata – dalle forniture di gas russo, a seguito dell’invasione dell’Ucraina.

Una giornata normale che si trasforma in un incubo

Apro gli occhi, do una rapida occhiata alla finestra: sembra giorno. Mi domando: che ora è? Guardo il mio Apple Watch e vedo che è spento. Com’è possibile? Chiamo Alexa per accendere l’applique accanto a me, ma non risponde in nessun modo. Che strano. Ci riprovo. Nulla, Alexa è morta. Accendo la luce con l’interruttore e non si accende. Oh cavolo, è andata via la corrente. Tradotto in termini tecnici: molto probabilmente, l’ENEL sta eseguendo qualche test; oppure c’è stato un temporale; oppure è scattato il salvavita per un sovraccarico di tensione; ecc.

Com’è dura la vita…

Mi alzo dal letto e, un po’ a tentoni, riesco ad arrivare alla finestra e ad aprire le tapparelle. Mi dirigo subito al quadro elettrico, ma non c’è nulla che non vada. Tutto è al suo posto. Peccato che il termostato della caldaia sia morto. Come se non ci fosse più energia elettrica. Ora che ci presto attenzione, fa anche un freddo cane. Già, se la caldaia è spenta, i caloriferi non si sono accesi. Non posso rimediare nemmeno con la stufa (è sempre elettrica), né con le pompe di calore. Mi rassegno e mi metto un altro maglione, nella speranza che questo guasto si risolva in fretta.

Vado in cucina per preparare la colazione. OK, i fornelli non si accendono (il piezo non ha elettricità), ma per fortuna ho un accendino che uso per accendere le candele. Eh, no! Non c’è nemmeno il gas! Come riscaldo il latte? A proposito, anche il frigo è spento. Ca@@o! La roba nel congelatore? Il pollo va a male in poche ore, mi tocca cucinarlo. Seeeeee…e come?!!

Non posso manco farmi la doccia, senza acqua calda!

Cerco di capire cosa sia successo. Mi appresto al computer. Il mio Mac potrebbe reggere qualche ora prima che si spenga del tutto; ce la posso fare. Già che è vivo, ne approfitto per ricaricare un po’ anche il watch e il cellulare. Per fortuna, quest’ultimo dà ancora segni di vita, altrimenti, senza modem e wi-fi, come potrei collegarmi ad Internet?

Finché c’è Internet c’è speranza

Oh cavolo! Non c’è alcun segnale, nemmeno sulla rete cellulare. E io che credevo di poter usare il mio hotspot per collegarmi a Google e cercare qualche informazione sull’accaduto, ad esempio guasto Enel Liguria, guasto Enel Alassio, ecc. Nulla di fatto, non posso informarmi in nessun modo. Mi viene da piangere e poi penso: non è che in Italia non abbiamo più energia? Non è che a causa della guerra e dell’embargo del gas e del petrolio russi, il nostro Paese non è più in grado di soddisfare da solo il fabbisogno energetico e ora è pure finita quella immagazzinata? Resto basita per qualche istante e poi esclamo: che si fa, ora?

Questo breve racconto che potrebbe essere l’inizio di un film del genere catastrofico, è sicuramente surreale, ma non inverosimile. È uno scenario che potrebbe verificarsi, in relazione con le decisioni che il nostro Governo – e molti altri in Europa – stanno prendendo per obbligare Mosca a terminare la guerra. Ciò, perché credono che la Russia prima o poi resti senza danaro per continuare le operazioni belliche in Ucraina. Peccato che i soldi continuano ad arrivare nelle tasche del Cremlino da Paesi come India e Cina, affamate di energia per la popolazione, le industrie, i trasporti, ecc.

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Fiat lux (E luce fu)

Non ci pensiamo spesso, eppure solamente poco più di due secoli fa, le città e le case, dopo il tramonto, restavano al buio fino all’alba successiva. La prima ad essere illuminata nel 1825 fu Parigi, grazie al gas illuminante. Ecco perché è anche detta la Ville Lumière. Qualche decennio più tardi, nel 1878, con l’invenzione della lampadina a incandescenza di Edison, il percorso dell’illuminazione pubblica fu molto rapido. Dapprima, vide la luce New York nel 1882, in seguito luce fu anche a Milano e a Torino nel 1884. Si dovettero attendere circa 50 anni per poter utilizzare l’elettricità per illuminare le città e le case, ma da quel momento in poi, questa resterà l’unica fonte luminosa (e non solo) fino ai giorni nostri.

Hanno realizzato un bel film – The current war (Edison, l’uomo che illuminò il mondo), del 2017 – sulla competizione aggressiva tra due giganti dell’elettricità: Edison e Tesla. Te lo consiglio vivamente.

Il timore di avventurarsi al buio

Dev’essere stato inquietante aggirarsi per casa solamente con delle candele o lampade ad olio che illuminavano molto scarsamente la stanza; praticamente non si riusciva neppure a vedere chiaramente dove appoggiare i piedi. Figuriamoci uscire di casa in quelle condizioni. La giornata, a seconda di dove si viveva, poteva essere molto corta.

Oggi, di notte, si fa praticamente tutto: si lavora, si legge, si esce, si guarda la TV. Insomma, si vive pienamente. Eppure, nonostante ciò, ci troviamo spesso in mancanza di tempo. Significa che, più ne abbiamo, più attività ci creiamo per impiegarlo, entrando così in una specie di circolo vizioso. Non è sufficiente organizzarsi bene, si deve soprattutto evitare di accollarsi troppe responsabilità e, ancor più, di farsi sopraffare da esse.

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La storia del gas

Se dell’energia elettrica ne sappiamo di più, non si può affermare lo stesso a proposito del gas.

Origine del gas e suoi utilizzi

Prodotto dalla decomposizione anaerobica di materiale organico, il gas naturale si trova, in natura, allo stato fossile, insieme al petrolio e al carbone, o da solo in giacimenti esclusivi; è prodotto dai processi di decomposizione correnti (paludi, discariche); è un derivato della digestione negli animali; infine, è liberato nell’atmosfera dall’attività vulcanica.

È formato da una miscela di idrocarburi gassosi, il cui componente principale è il metano.

È la più recente in termini di energia fossile: prima si era soliti utilizzare il carbone (solido) o il petrolio (liquido). I primi gasdotti furono realizzati negli USA a inizio anni ’20. Pur richiedendo grandi investimenti inziali per realizzarli, il trasporto del gas era di per sé economico: ciò permetteva di ammortizzare le spese in un periodo di medio termine. In Europa, la sua diffusione avvenne principalmente nel dopo guerra, in particolare in Russia, Romania e Olanda. Si utilizzarono grandi quantità di gas per la ricostruzione e il riassestamento dei Paesi colpiti, in particolare per svilupparne l’industria.

Il gas metano

Il gas metano sostituì di fatto quello distillato dal carbonio nel 1946. Negli anni successivi, vari tipi di industrie basarono la loro affermazione proprio grazie a quest’energia nuova e poco costosa. Negli anni ’80, il gas servì anche a ridurre l’utilizzo del petrolio. Fino al 1997, anno in cui l’Europa mise in atto notevoli cambiamenti per aumentare l’efficienza, diminuire i costi e pertanto i prezzi, con l’intento di modificare gli assetti strutturali, le politiche pubbliche e le strategie aziendali.

Il gas che importiamo in Italia (e in Europa)

Nonostante questo percorso di successo, oggi solamente il 15% del gas è estratto direttamente dall’Italia, dalle piattaforme ENI al largo di Crotone. Gli altri giacimenti esistenti nel Mediterraneo sono tuttora pieni di gas, ma sono bloccati da anni per norme, ricorsi, divieti e moratorie. Basterebbe riattivarli, senza neppure troppi costi.

Ecco perché siamo “costretti” ad importare la maggior parte del gas da Russia, Algeria e Libia, Olanda e Norvegia, Qatar, Egitto e Azerbaigian.

Gasdotti

Il gas proveniente dalla Russia è trasportato dal doppio gasdotto TAG che transita per l’Ucraina: dal 2014 è oggetto della questione energetica proprio a causa della guerra in Donbass e ai pericoli legati alla sua eventuale interruzione da parte del Cremlino. Oggi, invece, è uno dei pochi ad essere in utilizzo, nonostante la guerra sia divenuta molto più feroce in quei territori.

Il gas arriva anche tramite altri gasdotti: il Turkstream e il Blue Stream, attraverso il Mar Nero e tramite la Turchia, e il Nord Stream 1 situato nel Mar Baltico. In un precedente articolo, avevo parlato delle pressioni alla Germania da parte degli Stati Uniti per fermare i lavori su nuovo gasdotto Nord Stream 2 che doveva portare in Europa altro gas proveniente dalla Russia. Inoltre, il gas giunge anche tramite la rete svizzera Transitgas, a Passo Gries (Verbania) arriva il gas prodotto da Norvegia e Olanda.

Infine, dal 2004 è operativo il Greenstream, il gasdotto proveniente dalla Libia lungo 520 km che si spinge fino a Gela e il Transmed e collega l’Algeria all’Italia (Mazara del Vallo in Sicilia).

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Energia in tempo di guerra

In questi giorni si sta approvando l’ennesimo (il sesto) pacchetto di sanzioni contro la Russia, nella speranza che prima o poi il Cremlino decida di fermare le ostilità. Peccato che, come effetto sicuro, per il momento, ci sia una speculazione sui prezzi dell’energia che ricade su famiglie e imprese, in primis italiane.

In effetti, non tutti i Paesi sono dipendenti da gas e petrolio russi allo stesso modo. Germania, Italia e Spagna sono fra quelli che vorrebbero almeno un tetto massimo al prezzo del gas. Il Presidente del Consiglio Draghi parlerà con Biden anche di questo nel suo incontro previsto tra qualche giorno.

L’Europa sembra non guardare in faccia a nessuno, ma più che altro, i Governi sembrano obbedire senza ribattere. Come afferma impunemente qualche professore opinionista (non ti voglio spoilerare uno dei prossimi articoli), non è obbligatorio partecipare alle sanzioni. Non per nulla, l’Ungheria si è opposta. Possiamo essere riconoscenti agli Alleati ed essere Atlantisti senza doverci per forza tagliare gli zebedei come quel marito per far un dispetto alla moglie.

Le soluzioni “ad interim”

Per risolvere nell’immediato il problema energetico, il nostro ex-bibitaro o Cassamortaro (come lo chiama affettuosamente il giornalista Antonello Piroso) ha avuto fantastiche idee: legarci a due mani con i Paesi africani, come Angola, Algeria, Congo, ecc., aumentando la quantità di gas già importata. Innanzitutto, continuiamo a sfruttare questi Paesi per le loro risorse, rifocillando regimi semi-dittatoriali. Inoltre, questi nuovi accordi possono sì servire nel breve termine, ma, alla lunga, rischiano di renderci dipendenti da un diverso padrone.

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Le fonti energetiche alternative

Nonostante i mille buoni propositi, nonostante gli impegni delle varie forze politiche e non, i vertici europei e mondiali, i target prefissati, ecc., continuiamo imperterriti ad usare le cosiddette fonti non rinnovabili (tra cui il gas, ma soprattutto petrolio e carbone) per produrre la quantità di energia mancante per raggiungere il fabbisogno totale.

C’è chi dice no

Non si tratta di una canzone di Vasco, ma di tutti coloro che, alla luce dei nuovi progetti di ampliamento delle fonti rinnovabili, per qualche motivo, hanno votato contro o ne hanno boicottato l’incipit. Parlo di rigassificatori, di impianti per le biomasse e, ovviamente, di centrali ad energia nucleare. Neppure si considera il giacimento di petrolio in Campania.

Il prossimo articolo parla anche di questi metodi alternativi (e green) per la produzione di energia.

Come scrivevo qualche riga sopra, nel Mediterraneo ci sono diverse risorse di gas che potremmo sfruttare a nostro favore e senza troppe difficoltà, eppure non si affronta neppure l’argomento. Le pale eoliche sono state boicottate con argomentazioni poco pertinenti, legate al deturpamento del paesaggio. Potrei continuare con quest’elenco a lungo.

Per ogni progetto, c’è sempre qualcuno che si oppone: in aggiunta alla burocrazia che rallenta tutti i processi e rende praticamente impossibile “quagliare” nei tempi necessari.

Eppure, non si tratta di innovazioni “nice to have”, si tratta di rispettare, innanzitutto, gli accordi presi durante l’ultimo summit sul clima, il COP26, gli esponenti dei più importanti Paesi del mondo hanno confermato di ridurre le emissioni da qui al 2025-2030, per evitare che il fenomeno del Climate Change ci sfugga di mano.

Il flop del COP26

Più che altro, la riunione nel novembre 2021 ha generato una serie infinita di critiche, a cominciare dal fatto che la maggior parte dei Premier partecipanti si è recata a Glasgow usando jet privati. Mi duole dirlo (lavorando nel settore), ma questo non è di sicuro il mezzo di trasposto meno inquinante a nostra disposizione. Persino Greta Thunberg si è parecchio indignata a riguardo. Ottima trovata per cominciare una riunione tattico-strategica per ridurre inquinamento!

A proposito, ho parlato di Greta e di Climate change un annetto fa su un articolo, sottolineando di come la ragazzina dalle trecce bionde fosse riuscita ad aumentare il livello di sensibilizzazione su questo tema che tocca, in primis, le future generazioni.

In questo momento, pur avendo eliminato quasi totalmente le restrizioni in tempo di pandemia, le proteste di Greta appaiono comunque un po’ sottotono. Inoltre, anche la guerra ha contribuito a mettere in stand-by il Climate Change, più a livello politico, perché questo importante tema batte sempre nei nostri cuori: tutti vorremmo un’energia più pulita e – senza dubbio – economica.

Cina e India

Sui risultati del summit sul Climate Change hanno pesato anche alcuni importanti Paesi che, da soli, cubano quasi la metà della popolazione mondiale e che sono tra i più energivori. Per questo motivo, si stanno, a poco a poco, sostituendo all’Europa nell’acquisto del gas e petrolio russi. Le loro industrie sono lontane dall’obiettivo emissioni zero, come lo eravamo noi 30 anni fa. Al COP26 sono riusciti persino a ritardare la data finale: se prima si puntava al 2035, ora siamo già arrivati al 2050.

Anche altri Paesi, non fornendo i propri dati sulle emissioni, rallentano di fatto i progressi, perché non si sa con certezza il reale peso che essi hanno sui valori dell’inquinamento globale.

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Conclusioni

Spero di aver soddisfatto alcune curiosità in merito al tema dell’energia ad oggi più utilizzata e a come in Italia e in Europa abbiamo (e stiamo tuttora) fronteggiato il fabbisogno nel corso dei secoli. Siamo ad un passo dal tracollo, come minimo economico, e arenarci ora non avrebbe senso. Non dobbiamo perdere di vista tutte le soluzioni alternative per colmare questa fame di energia che di anno in anno aumenta sempre di più e che ci rende sempre più dipendenti dalle importazioni.

È ora di agire e mostrare i cosiddetti non in difesa di un altro Paese, ma del nostro e delle persone che lo costituiscono, consentendo loro di vivere almeno senza preoccupazioni basilari, come quelle legate alle bollette! Abbiamo molti progetti in cantiere che potrebbero ripartire se solamente il Governo non si lasciasse trascinare in questioni distraenti dall’attuale situazione in cui versa l’Italia. Diciamolo chiaramente, la globalizzazione non è la panacea di tutti i mali, al contrario. Nel nostro caso, è una delle cause del nostro impoverimento energetico e alimentare.

Nel prossimo articolo ti parlerò proprio della bolla del green. Non perdertelo!

Firma originale Cinzia Macchi

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