Indice
1. Breve storia dei media
2. Il Giornalismo e i giornalisti
3. Come comportarsi con le fake news
4. Il metodo scientifico
5. Perché ho voluto scrivere un pezzo sul giornalismo?
6. Il dovere del lettore
7. I giornalisti che seguo
8. Conclusioni
Non sempre nel giornalismo la deontologia professionale è al primo posto.
Storia breve dei media
I quotidiani e le riviste, fino a una ventina d’anni fa, erano le principali fonti di informazione per gli Italiani. Certo, la televisione forniva le notizie attraverso i Tg e qualche dossier, ma i veri approfondimenti si trovavano solamente su alcune testate specialistiche.
Con l’avvento di Internet tutto è cambiato, anche il giornalismo: lo smartphone propone di default una sintesi delle principali notizie, così come i motori di ricerca, app e testate online. È diventato molto semplice reperire informazioni di qualunque tipo e su qualunque argomento.
Da qualche anno, non solo le riviste, ma persino anche i quotidiani sono stati costretti a proporre abbonamenti digitali per sopravvivere, poiché sempre meno persone li comprano in edicola.
Personalmente non ho mai amato questi ultimi, li ho sempre trovati scomodi da leggere, più adatti agli uomini d’affari e, per giunta, puzzavano di petrolio. Al contrario, mi sono sempre piaciute le riviste scientifiche, in particolare Panorama, al quale sono abbonata. A proposito, farò presto un articolo su quello che i Tg non dicono.
Ammetto di essermi dedicata (molto sporadicamente) a qualche settimanale leggero (per sole donne!), soprattutto in vacanza. Ad ogni modo, sopra a tutto, preferisco i libri.
Oggi, accanto ai media tradizionali, quindi quotidiani e TV, ci sono quelli considerati più innovativi, come i magazine online o le newsletter e i siti dei giornalisti indipendenti.
La mia biblioteca
Nella mia biblioteca ci sono diversi testi di Oriana Fallaci e Bruno Vespa (questi ultimi regali di mia madre). Considero Oriana una tra le più grandi giornaliste italiane, capace di raccontare gli avvenimenti come pochi altri al mondo. Ho letteralmente divorato i suoi testi. Peccato ci abbia lasciati a causa di un vizio mortale quando aveva ancora molto da comunicare.
Grazie a lei, ho sempre pensato fare il giornalista fosse una professione illustre, il cui scopo principale (importantissimo) è informare i cittadini sull’attualità, la politica, le scoperte, la cronaca, l’economia e finanza, la scienza, ecc.
Il Giornalismo e i giornalisti
Non sempre la deontologia è la Stella Polare del giornalismo. Negli ultimi anni, infatti, più leggevo articoli pubblicati, online e offline, più mi rendevo conto che non tutti i giornalisti scrivono guidati dalla propria deontologia professionale, ma spesso dalla sete di “fare notizia”, costi quel che costi.
Non penso d meravigliare nessuno se affermassi che alcuni giornalisti (o editori, forse meglio dire) sono più propensi a pubblicare notizie distorte, col fine di vendere più copie della testata per cui lavorano o del libro che hanno scritto, se non, addirittura, per avere più followers sui social (specialmente Twitter), a scapito di rendere un servizio utile ai cittadini.
Personalmente, ho letto diversi articoli in cui si raccontavano frottole unicamente per attirare lettori e vendere uno scoop, che scoop non era, perché il fatto o non sussisteva del tutto, o era stato travisato. Alcune volte, il giornalista in questione era evidentemente ignorante in materia.
A questo proposito, ho scritto un bell’articolo sui floppy disk usati sui velivoli che tuttora volano, affrontando l’argomento da un punto di vista privilegiato. Ho davvero lavorato per una delle aziende che sfruttano questa tecnologia. Articolo molto interessante, che vi spiega anche come funzionano gli aeroplani su cui volate spesso.
Leggete il mio articolo Floppy Disk e aerei.
Il vero giornalismo
I giornalisti che stimo e che seguo, che siano di tipo tradizionale o più innovativo, non mi deludono, non solo perché fanno di del giornalismo uno scopo nella vita, ma soprattutto perché sono onesti, etici e soprattutto fanno del loro meglio per essere imparziali.
La prima regola di un giornalista, infatti, è quella di analizzare i fatti e di ricostruirli in maniera più oggettiva possibile.
Se penso alla politica, ad esempio, davvero in pochissimi riescono ad esserlo. Per alcuni, la preferenza per il partito che, per motivi personali seguono, è lampante in tutto quanto scrivano o dicano. Purtroppo, è più forte di loro, alcuni non riescono a mantenersi neutrali.
Poiché c’è libertà di espressione e io direi anche di scelta di informazione, basta rivolgersi altrove. Ci sono infatti abbastanza professionisti in circolazione da avere l’imbarazzo della scelta.
Le interviste
Fare giornalismo, significa anche intervistare: infatti, tra i compiti di un giornalista c’è quello di saper condurre un tête à tête incalzando l’ospite con domande pertinenti, possibilmente non a tranello e soprattutto non offensive, a meno che non si voglia screditare l’ospite in questione e allora, mi chiedo, perché intervistarlo.
Esempi di trasmissioni in cui si sente per tutta la durata della stessa gli ospiti litigare, non solo mi fanno venire mal di testa, ma l’unico effetto è quello di confondere ancor più gli spettatori. Che sia questo lo scopo?
Strategie di comunicazione
Molto spesso mi sono chiesta cosa ci sia dietro alla comunicazione nel giornalismo.
In passato, ed esempio abbiamo sentito una notizia di cronaca, che per giorni si ripeteva in modo simile in altri contesti, per poi tornare nell’oblio. Potrei fare diversi esempi (morsi di Pitbull, i sassi lanciati dai cavalcavia, morti sul lavoro, ecc.). Possibile che una congiuntura avesse generato eventi identici solamente per un certo periodo? A volte è capitato persino che chi ha ascoltato la notizia, avesse preso spunto per perpetrare il crimine.
Essendo i direttori delle testate giornalistiche a decidere quali notizie dare, in che modo e per quale motivo, ciò indica che ci sono interessi in gioco.
Ma questo è davvero fare giornalismo?
Ora che ci penso, negli ultimi anni questa tendenza è diminuita, per nostra fortuna.
Come comportarsi con le fake news
L’innovazione porta con sé anche alcune ombre. La piaga del giornalismo online è ben rappresentata dalle fake news, ovvero dalle false notizie.
Ci sono anche alcuni giornalisti che, anziché combatterle, le diffondono: qualunque sia il fine, un comportamento del genere non è accettabile.
Più volte abbiamo appurato quanto siano pericolose queste false notizie: possono indurre effetti devastante sulle persone. Porto spesso l’esempio di quella notizia circolata durante il primo lockdown che caldeggiava di bere la candeggina per contrastare il virus. Anche se è ovvio che sia pericoloso farlo, non possiamo pensare che tutti abbiano lo stesso livello di cultura o comprensione delle parole.
Per me il detto prevenire è meglio che curare vale anche nel caso dell’informazione e soprattutto del giornalismo. I giornalisti devono prendere posizione risoluta di fronte a questi fenomeni e correggere il tiro di chi, consapevolmente o inconsapevolmente, ha diffuso notizie di questo tipo. Certamente il web veicola più facilmente questo tipo di disinformazione.
Tutti possono scrivere sul web
Purtroppo, come nel caso di prima, o per fortuna, dipende dai punti di vista, oggi, grazie al web, tutti possono scrivere e parlare al pubblico. Il che non significa fare giornalismo, ma piuttosto esprimere la propria opinione pubblicamente.
Io stessa ho sfruttato e sfrutto questa grande opportunità e cerco, dando il mio meglio, di essere il più obiettiva possibile, arricchendo la storia con la mia esperienza diretta. Ritengo che dare un’opinione basata sui fatti sia onesto intellettualmente.
Soprattutto, preciso sempre quando esprimo un mio giudizio personale, in modo che chi mi legge sia libero di accettarlo o meno.
Eppure, non mi pare di leggere molto spesso questa puntualizzazione, anzi. Si ha spesso l’impressione che chi scrive un pezzo, stia rivelando una verità assoluta.
Il metodo scientifico
Certamente, il lettore dovrebbe avere un metro di giudizio personale ed essere in grado di distinguere tra un’opinione non basata sui fatti e una realtà. Per evitare fraintendimenti, sarebbe sufficiente che chi scrive suffraghi quanto espresso con dati.
Il cosiddetto metodo scientifico non è ad esclusivo uso della scienza, al contrario, è un metodo messo a disposizione di tutti e per giunta infallibile. Perché non approfittarne anche nel gornalismo?
I dati della pandemia
Durante la pandemia, ad esempio, ne abbiamo sentite di cotte e di crude, visto curve senza senso e considerazioni ancora più scellerate delle curve stesse.
Vero è che non tutti sono in grado di comprendere con uno sguardo una curva (anche se in alcuni casi è più facile di quello che sembra). Innanzitutto, per realizzarla ci vogliono i giusti strumenti (parlo sia di formule matematiche correttamente applicate, sia di calcolatori – computer – programmati in modo da fornire il risultato corretto, ma soprattutto di dati di input che abbiano senso).
Ciò è compito di statisti, matematici, analizzatori di dati: insieme al risultato, dovrebbero fornirne la corretta spiegazione.
Ecco perché i giornalisti dovrebbero rivolgersi agli specialisti.
Agli scienziati, le domande inerenti alla loro area di applicazione
Non mi spiego come mai, ma spesso, nelle varie trasmissioni, gli ospiti sono interrogati non sugli argomenti che padroneggiano, ma su altri. Proprio qualche giorno fa sentivo qualcuno che diceva di non essere un farmacologo, ma di venir ugualmente intervistato sui vaccini. Tuttavia, il recente posti di un caro amico conferma questa tendenza…
Se fossi un giornalista, a meno di non aver come scopo il creare confusione nell’opinione pubblica, non porrei domande di polita alla ricercatrice Ilaria Capua (il fatto che possa rispondere correttamente è un altro paio di maniche), ma piuttosto sul salto di specie.
Perché ho voluto scrivere un pezzo sul giornalismo?
In primo luogo, perché da tempo ritengo che molti che sfoggiano il titolo di giornalisti non lo meritino davvero e invece persone che scrivono meglio, sono più interessanti, si documentano a fondo, raccolgono dati, analizzano, ecc. non vengono nemmeno considerate se non hanno al loro attivo come minimo delle collaborazioni.
Collaborazioni (non sempre vantaggiose) nel giornalismo
Ogni tanto ho pensato di voler collaborare con qualche rivista online. Leggo spesso Wired (a proposito, qualche settimana fa ho mandato un messaggio su LinkedIn al direttore di tale magazine e manco ha risposto. CVD), una rivista moderna che tratta argomenti legati alla tecnologia, al digitale, alle scoperte scientifiche, ecc.; ce ne sono anche altre simili, forse meno rinomate.
Cercando qualche dato di compenso sud web, mi sono accorta che non ne vale la pena. Già lo stipendio di un giornalista con contratto è abbastanza penoso, se poi si collabora a cottimo, scrivendo ogni tanto qualche pezzo, meglio lasciar perdere e puntare piuttosto su un Podcast o comunque qualcosa di indipendente.
Vi porto un esempio: senza riportare il nome della rivista, i compensi da essa proposti per articoli da minimo 400 parole (corti, se tenete conto che i miei superano sempre le 2000) sono ridicoli: 25 centesimi di euro per 500 lettori, 50 cent. fino a 1000 e 1 euro per ben 2000 lettori! Capirei se i numeri di questa testata arrivassero al milione di lettori, ma verificando rapidamente, se un articolo viene visualizzato tante volte si arriva a circa 10000, il che significa 5 euro abbondanti.
Peccato che i pagamenti siano corrisposti solamente al raggiungimento di 50 euro.
Secondo me siamo vicino all’usura e molto lontani dal giornalismo.
Giornalisti di professione
Perciò, non si scappa, o si entra nel prestigioso albo dei giornalisti oppure ciccia.
Ma come si fa ad entrare?
Ci sono due strade: la prima è possedere un titolo di studio presso università “approvate” dall’albo (meno di dieci, in città come Roma o Milano, e costose). La seconda è dimostrare di aver percepito per 18 mesi (come professionista regolarmente assunto o due anni per un pubblicista, ovvero un freelance che esercita l’attività in maniera sufficientemente continuativa) un pagamento per gli articoli pubblicati.
Il che mi riporta al punto precedente: è molto difficile, se non impossibile, diventare giornalista anche con tutte le carte in regola. Dimenticavo: la maggior parte delle testate assume personale con età inferiore ai 30 anni. Perfetto.
Report: ci possiamo fidare?
Il reale motivo che mi ha condotto alla scrittura di questo pezzo è scaturito da una puntata di Report (lunedì 30 novembre 2020), durante la quale, tra le varie, hanno parlato anche dell’azienda per cui lavoro.
Molti ritengono Report testimone del giornalismo puro e duro, il rivelatore di verità nascoste su molte delle vicende pubbliche del nostro bel Paese.
Il mio blog personale non è il luogo adatto per entrare nel merito del servizio. Vi Voglio però dire che, sui molti fatti correttamente riportati, il più importante per noi lavoratori, era un falso
La dichiarazione dell’”ex alto funzionario della difesa”, che non ha avuto il coraggio di mostrarsi in volto e che ha parlato con voce camuffata, era una gran mussa (non traduco il dialetto genovese volutamente).
Precisato questo, mi sono resa conto che se non si è dentro l’avvenimento, non si può essere certi che chi lo racconta stia affermando la verità. Se non mi posso nemmeno fidare di Report, che dovrebbe svelare tutti i segreti della politica italiana, perché su un argomento a me ben noto, con lo scopo, forse, di fare più audience, ha falsificato alcune informazioni, cosa dovrei aspettarmi dagli altri?
Certamente, lo scopo di gettare palate di merda sul Governo Renzi è riuscito alla perfezione, ma potevano anche tralasciare quella frase falsa e il servizio sarebbe stato perfetto comunque.
Il dovere del lettore
Venendo al dunque, dico sempre, soprattutto a chi mi sta vicino, che l’informazione che leggiamo o ascoltiamo non è sempre sicura o veritiera al 100%.
Pare un paradosso: non sempre ci si può fidare dei giornalisti, quando il giornalismo dovrebbe fornire le corrette informazioni ai cittadini.
Il mondo pullula di egocentrici che per un po’ di notorietà si venderebbero la madre. Per questo è importante non credere a tutto ciò che si legge, anche se ci arrivano conferme delle nostre opinioni (direi soprattutto in questo caso!). Il lettore dovrebbe innanzitutto cercare diversi punti di vista per capire a fondo l’argomento, al fine di costruirsi una propria opinione.
Se abbiamo fiducia nel giornalismo, a maggior ragione dovremmo imparare a leggere da più fonti, a confrontarle tra loro, a capirne gli interessi ultimi, le reali motivazioni. Non fermiamoci alle opinioni di chi la pensa come noi, ma, come diceva bene Mario Moroni nel suo Podcast “il caffettino”, ascoltiamo anche chi la pensa diversamente, ci aprirà la mente e ci farà ragionare in maniera più oggettiva. Infine, usiamo la nostra testa: non ripetiamo come pappagalli (non ho nulla contro di loro, sia messo agli atti!) quanto sentiamo, ma sia a fronte di verifiche.
La verifica costa fatica
Tuttavia, parliamoci chiaro: chi ha ormai il tempo di fare anche questo per ogni notizia che legge?
Questa fatica potrei paragonarla a quella dei collaboratori di un responsabile che non decide nulla, che non gestisce le persone, che non assegna compiti, che non indice le riunioni e che invece pretende che i suoi si organizzino da soli: scusate, allora però il suo stipendio andrebbe diviso tra i dipendenti. Se per qualunque cosa ci tocca anche fare anche il lavoro degli altri (fidatevi, a me capita spessissimo!), non ne vale la pena. Credo che anche voi siate del mio stesso parere.
I giornalisti che seguo
Per non essere la solita bacchettona, come mi ha accusato affettuosamente qualcuno a me molto caro (ciao Mamma!), voglio qui di seguito citare anche alcuni giornalisti degni del giornalismo che stimo e che sono molto bravi e darvi anche qualche nome che potrebbe fare meglio.
Ai primi posti
Metto al primo posto Antonello Piroso, il mitico Cavaliere Nero, che ascolto ogni mattina su Virgin Radio. Oltre ad essere simpaticissimo e a tirami su il morale, affronta le notizie con uno stile personale, ma in modo imparziale. È un uomo all’antica, con sani valori e principi.
Al secondo posto metto Manuela Moreno conduttrice del Tg2 Post, a cui mi sono affezionata. È davvero una bella persona, affabile, gentile, educata, molto rock un’ottima moderatrice. Non ho mai visto litigare nessuno nel suo programma! Mi piacciono anche gli altri invitati del Tg2, come Stefano Fumagalli, forse anche perché milanese doc e Gianmarco Sicuro perché è bravo a raccontare spaccati di vita dei più poveri (ultimamente inviato speciale in Messico). Tra l’altro, ho visto che si è guadagnato un ruolo ad Uno Mattina in onda in estate. Era chiaro che oltre alla sua competenza e bravura, non era passata inosservata la sua bella presenza scenica.
In seconda fila
Apprezzo anche Peter Gomez, di cui ho seguito la Confessione sempre con molto interesse, perché le sue domande sono incisive e scavano nel profondo, facendoti apprezzare i lati nascosti dei suoi invitati. Non mi è tuttavia piaciuta l’intervista a Giorgia Meloni, perché è stata piuttosto messa sotto attacco che intervistata e spesso non le lasciava neppure terminare i sui discorsi molto sensati ed intelligenti.
Su podio
Seguo spesso anche Luca Sommi e Andrea Scanzi in Accordi e Disaccordi. Il difetto principale di Scanzi che sia troppo di parte e si dia tante arie, tuttavia è molto competente e si esprime in modo impeccabile. È molto rock, come la bella Manuela, e ciò ci rende anime affini. Lo apprezzo meno come scrittore, non tanto per lo stile, ma per gli argomenti trattati. Sommi, invece, è abbastanza neutrale ed è un bravo conduttore. Di Marco Travaglio non so bene cosa dire: è un po’ come la corrente alternata; un po’ mi piace, un po’ no. Spesso le sue considerazioni sono intelligente e acute, ma ha fatto un paio di scivoloni che mi hanno fatto spegnere la TV.
Non mi dispiace neppure Veronica Gentile, su rete 4. Mentre non riesco a sopportare Mario Giordano di Fuori dal Coro, forse per colpa della voce. Non me ne vogliate! L’Annunziata la seguo se non c’è di meglio, mentre la Gruber non mi è mai piaciuta, anche se molto professionale e preparata.
The others (gli altri)
Anche Giovanna Botteri è una giornalista molto capace. È stata la prima che ci ha informato in maniera precisa e completa sul Covid-19. Peccato che sia stata coinvolta in quel battibecco da due soldi per colpa della Hunziker che l’ha descritta come sciatta e senza stile. Alla biondina in questione forse non è chiaro cosa significhi la parola stile; ad ogni modo, Michelle ha dato perfettamente prova di quella che si definisce appunto “una caduta di stile”.
Alessandro Sallusti, professionale anche se un po’ troppo legato a Berlusconi, ormai è vecchietto e comincia a comportarsi un po’ come Vittorio Feltri. Chiudo con quest’ultimo solamente perché è uno dei personaggi imitati da Crozza che preferisco. Non dovrebbe parlare a quella maniera, anche se, come dice lui stesso, ormai se ne frega, data l’età. Credo che Vittorio sia vittima del suo personaggio (esattamente come un altro Vittorio molto noto e altrettanto sboccato) e che qualcuno lo abbia incalzato ad esprimersi così per creare confusione e scompiglio e soprattutto per permettere a Maurizio di continuare lo spettacolo!
Conclusioni
Il giornalismo al giorno d’oggi sembra essersi svalutato, quando invece dovrebbe assumere ancora più importanza per far fronte all’invasione del web. Tuttavia, per nostra fortuna, i veri professionisti del settore sanno fare la differenza. Perciò, se non abbiamo tempo o voglia di vagare per il web alla ricerca delle notizie buone, affidiamoci a chi mette al primo posto l’informazione e soprattutto il lettore.
Spero che questo excursus sul giornalismo vi sia piaciuto. In caso, non siate timidi, condividetelo!
Infine, se avete qualche giornalista o testata che seguite e mi consigliate, scrivetemelo nei commenti.
Vi abbraccio tutti e vi auguro buona settimana!
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