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Episodio numero 24 del mio Podcast Articoli in voce

Indice

1. Vaccino mRNA

2. Vaccino a vettore virale

3. La storia di Astrazeneca

4. Conclusioni

Facciamo il punto.

Si parla spessissimo di vaccini anti-Covid-19, tuttavia, non riesco a chiarirmi le idee.

Ho deciso di scrivere quest’articolo per mia mamma. È molto spaventata all’idea di doversi vaccinare con AstraZeneca, e anziché farla navigare a vuoto nel web, senza trovare informazioni chiare e precise, ho pensato di farlo io per lei. Sono sicura che apprezzerà questo “piccolo” sforzo (ormai lo sapete che adoro scrivere di argomenti tecnico-scientifici!). Naturalmente, spero che anche voi lo troviate di vostro interesse e soprattutto di utilità.

Premessa: le informazioni qui riportate provengono unicamente da siti ufficiali (quindi affidabili): il Ministero della Salute e AIFA.

Se volete leggere info riguardanti i vari tipi di vaccini cliccate qui; per la Sicurezza dei farmaci cliccate qui.

Infine, sulla la campagna vaccinale, trovate alcune info qui.

I vaccini contro il Covid-19

Attualmente, contro il SARS-CoV-2 esistono sono due tipi di vaccini:

  1. mRNA
  2. Adenovirus (o vettore virale)

Del primo tipo fanno parte quelli di Pfeizer/BioNTech e Moderna; del secondo quelli AstraZeneca, Johnson&Johnson e il Russo Sputnik.

Entrambi sono vaccini innovativi, diversi da quelli realizzati e prodotti finora.

Innanzitutto, riprendo un articolo pubblicato da Humanitas che spiega come agisce il virus SARS-CoV-2.

Il nome Coronavirus deriva dalla conformazione stessa del virus SARS-CoV-2 che si presenta come una particella (virione) di forma rotondeggiante con una serie di ‘punte’ sulla superficie, simili ad una corona (da cui il nome).

Come funziona il Covid-19

Sulla superficie esterna del virus è presente la proteina Spike in grado di legarsi all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2): un enzima coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna. Esso si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare, con il compito di difendere i polmoni dai danni causati da infezioni e infiammazioni.

L’interazione tra la proteina Spike e il recettore ACE2 permette al virus di entrare nella cellula replicandosi, impedendo all’enzima di fare il suo lavoro e proteggerla. La proteina Spike può essere definita come una sorta di “chiave”. Essa permette l’accesso del virus alle cellule dell’organismo, attraverso l’ACE2, che agisce da “serratura”.

L’infezione avviene tramite il codice genetico virale (RNA) rilasciato dal virus che costringe la cellula umana a produrre proteine virali che, invadendo altre cellule, diffondono l’infezione. 

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I vaccini mRNA

L’obiettivo dei vaccini studiati per combattere il virus SARS-CoV-2 è quello di bloccare la proteina Spike e impedire l’infezione delle cellule.

I due vaccini attualmente in studio sono stati messi a punto per indurre una risposta che blocca la proteina Spike e quindi impedisce l’infezione delle cellule.

Entrambi anti Covid-19 a mRNA approvati per la campagna vaccinale utilizzano molecole di acido ribonucleico messaggero (mRNA). Tali molecole contengono le istruzioni affinché le cellule della persona che si è vaccinata sintetizzino le proteine Spike. Le proteine prodotte stimolano il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici. In chi si è vaccinato e viene esposto al contagio virale, gli anticorpi così prodotti bloccano le proteine Spike e ne impediscono l’ingresso nelle cellule.

La vaccinazione, inoltre, attiva anche le cellule T (linfociti) che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni a SARS-CoV-2

Il vaccino, quindi, non introduce nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina Spike. Se, in un momento successivo, la persona vaccinata entra nuovamente in contatto con il SARS-CoV-2, il suo sistema immunitario riconoscerà il virus e sarà pronto a combatterlo nel giro di poche ore.

L’mRNA del vaccino non resta nell’organismo, ma si degrada poco dopo la vaccinazione.

Come funziona il vaccino Comirnaty di Pfizer/BioNTech?

Il vaccino di Pfizer contiene al suo interno molecole di RNA messaggero (mRNA) con le informazioni genetiche fondamentali alla cellula per costruire copie della proteina Spike (non viene iniettato il virus vero e proprio).

Queste molecole sono inserite in una microscopica vescicola lipidica, una “bollicina” che protegge l’mRNA. In tal modo si evita che deperisca in fretta (come accade di solito) e che sia distrutto dalle difese del sistema immunitario, in quanto componente estraneo e quindi non riconosciuto dall’organismo.

Una volta iniettato il vaccino, l’mRNA è assorbito nel citoplasma delle cellule (riuscendo questa volta ad entrare) e avvia la sintesi delle proteine Spike. La loro presenza stimola così la produzione, da parte del sistema immunitario, di anticorpi specifici capaci di riconoscere il virus.

La somministrazione si effettua con due iniezioni (in genere nel muscolo della parte superiore del braccio), a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra.

Il vaccino prodotto da Pfizer e BioNTech (nome completo mRNA BNT162b2) è stato autorizzato da EMA(European Medicines Agency – Agenzia Europea per i Medicinali) e da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Esso infatti ha superato le fasi di verifica in merito alla sua efficacia e sicurezza, per tutti i soggetti dai 16 anni di età.

Il suo grado di efficacia è molto alto: si parla del 94,6% dopo circa 7 giorni dall’inoculazione.

La sua modalità di conservazione prevedere la permanenza in un congelatore ad una temperatura compresa tra -90°C e -60°C, nella confezione originale.

Ritengo che questo sia forse l’unico punto debole del prodotto, perché non sempre è possibile garantire questa catena del freddo di elevate prestazioni. Non per altro, è l’unico motivo per cui non è possibile portarlo nei Paesi poveri (diciamo caldi, che, purtroppo, corrispondono anche a quelli più poveri).

Effetti collaterali

Nel “bugiardino” di Pfeizer, che il Ministero della Salute mette a disposizione dei cittadini che si sottoporranno a vaccinazione, le uniche controindicazioni messe in evidenza corrispondono alle tipiche legate ai vaccini anche classici, quali problemi di allergia a quei preparati, problemi di coagulo nel sangue, febbre alta.

Tra gli effetti collaterali sono presenti i classici, quali dolore, stanchezza, brividi, mal di testa, nausea, ma anche gonfiore nella zona di iniezione, diarrea, malessere e febbre. Più rari, ma comunque possibili, sono situazioni quali sonnolenza, vertigini, diminuzione dell’appetito, ingrossamento dei linfonodi, sudorazione eccessiva, prurito o eruzione cutanea. Unica eccezione degna di nota è la possibilità, in casi rari, di un’asimmetria temporanea di un lato del viso.

Come funziona pertanto il vaccino Moderna Biotech?

Il vaccino COVID-19 Moderna mRNA-1273 funziona ESATTAMENTE come quello di Pfeizer.

Anch’esso ha un’efficacia molto elevata: a partire dai 18 anni di età è pari dell’93.6% a partire dal 14° giorno seguente l’inoculazione.

Principali differenze:

  • la modalità di somministrazione prevede due iniezioni, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio, a distanza di almeno 28 giorni l’una dall’altra
  • la conservazione prevede la sistemazione in un congelatore ad una temperatura compresa tra -25°C e -15°C, è stabile tra +2°C e +8°C per 30 giorni se in confezione integra.

Questo secondo punto costituisce un notevole miglioramento se paragonato all’analogo di Pfeizer.

NOTA: nonostante l’efficacia di tali vaccini sia vicina al 100%, non si esclude una remota possibilità che ci si possa comunque contagiare. In questo caso, tuttavia, non si svilupperà la forma grave della malattia (la famigerata polmonite bilaterale. È proprio questa che in casi estremi, può condurre alla morte. Si potrebbero sviluppare pertanto solamente i sintomi più blandi, come febbre, dolori, ecc.

Appurato ciò, in unione con quanto riportato in modo uniforme da tutti i principali mezzi di comunicazione, appare evidente che il vaccino di Pfeizer e Moderna, siano efficaci e sicuri. Soprattutto a fronte di nessun caso di morte sospetta o evidenza di fenomeni gravi legati alla sua somministrazione.

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I vaccini a vettore virale (adenovirus)

Nei vaccini di questo tipo sintetizzati finora, è stato utilizzando una versione indebolita (incapace pertanto di replicarsi e innocua per l’organismo umano) di un adenovirus degli scimpanzé (ChAdOx1 – Chimpanzee Adenovirus Oxford 1), responsabile del raffreddore comune in questi animali. In questo adenovirus è stato inserito il materiale genetico della proteina Spike. Utilizzato come vettore (tramite), introduce il materiale genetico nelle cellule umane, analogamente a quanto accade quando si contrae l’infezione responsabile di COVID-19.

Il sistema immunitario si attiva così contro la proteina Spike e produce gli anticorpi. Laddove l’individuo in futuro entrasse in contatto con il virus, gli anticorpi – allenatisi con la vaccinazione – saranno in grado di riconoscere il virus e bloccare l’infezione.

Quella del vettore virale è una tecnologia già utilizzata, per esempio nel primo vaccino approvato per Ebola alla fine del 2019.

Per combattere il SARS-CoV-2 si è ricorsi agli adenovirus di scimpanzé, perché è più improbabile che un individuo abbia sviluppato gli anticorpi contro questo tipo di adenovirus. Infatti, è molto più probabile che un soggetto durante la sua vita sia venuto a contatto con un adenovirus umano (responsabile di diverse infezioni a carico dell’apparato respiratorio, anche di lieve entità). Se si fosse scelto proprio questo virus per veicolare il vaccino anti-COVID-19, in tale soggetto l’efficacia della vaccinazione sarebbe inficiata, essendo in lui già presenti alcuni anticorpi.

Come funziona il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca?

Una volta somministrato, l’adenovirus modificato penetra nel nucleo della cellula dove fornisce il codice genetico per produrre la proteina Spike di SARS-CoV-2. Le cellule T del sistema immunitario riconoscono lo stimolo della proteina Spike e attivano la risposta immunitaria e la produzione di anticorpi specifici contro il virus.

Con la vaccinazione sono inoltre prodotte cellule dotate di memoria difensiva contro la proteina Spike. Se il vaccinato in futuro dovesse entrare in contatto con il virus, il suo sistema immunitario ne avrà memoria, lo riconoscerà e si attiverà per combatterlo, impedendo alle proteine Spike l’ingresso all’interno delle cellule.

Con il vaccino si introduce nelle cellule dell’organismo solo l’informazione genetica necessaria per costruire copie della proteina Spike. L’adenovirus non è in grado di replicarsi e dunque non può diffondersi nell’organismo dei vaccinati.

Dopo la somministrazione l’informazione genetica viene degradata ed eliminata.

La somministrazione prevede due iniezioni, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio, a distanza di almeno 4-12 settimane l’una dall’altra. Dopo 14 giorni a seguito della prima dose la sua efficacia è media (circa 60%), mentre trascorsi 14 giorni dalla seconda, l’efficacia aumenta fino all’82%.

La modalità di conservazione avviene in un normale frigorifero a una temperatura compresa tra 2°C e 8°C; non va congelato.

Anche questo vaccino, come i precedenti Pfizer BioNTech e Moderna, è stato autorizzato da EMA e da AIFA ed era indicato nelle persone a partire dai 18 anni di età, grazie al favorevole rapporto beneficio/rischio. Inoltre, la disponibilità di un terzo vaccino (peraltro di più facile conservazione rispetto agli altri due già approvati) rappresentava un importante contributo alla campagna vaccinale in corso.

Come funziona il vaccino Janssen di Johnson&Johnson?

Il vaccino J&J funziona ESATTAMENTE come quello prodotto da AstraZeneca (analogamente a quello di Moderna su Pfeizer).

AIFA aveva inizialmente autorizzato il vaccino Janssen di Johnson&Johnson per la prevenzione della malattia COVID-19 per i soggetti al di sopra dei 18 anni, come da indicazione EMA.

L’efficacia del vaccino nelle forme gravi arriva fino al 77 % dopo 14 giorni dalla somministrazione e all’85% dopo 28 giorni dalla somministrazione. I dati attualmente disponibili hanno mostrato che nei soggetti over 65 non si è notata alcuna flessione nella efficacia. 

Il vaccino Janssen, il quarto approvato, si aggiunge come un’altra utile opzione con un beneficio rilevante nel contrasto alla pandemia.

(….mi sembra quasi una propaganda da seconda guerra mondiale…)

Inoltre, l’importante vantaggio aggiuntivo di una sola dose e della facilità di somministrazione, lo rende ideale per il setting dei medici di famiglia.

La modalità di somministrazione consiste in una iniezione, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio.

Come funziona il vaccino Sputnik del Centro nazionale russo di ricerca epidemiologica e microbiologica Gamaleja?

Ovviamente, allo stato attuale non ho trovato nessun documento ufficiale che riporti quanto detto per gli altri vaccini. Ad ogni modo, in questi giorni l’EMA ha avviato la rolling review (revisione ciclica) di Sputnik V (Gam-COVID-Vac).

La decisione del CHMP (Comitato per i medicinali per uso umano) di avviare la rolling review si basa sui risultati di studi di laboratorio e di studi clinici negli adulti. Tali studi indicano che Sputnik V induce la produzione di anticorpi e componenti del sistema immunitario che colpiscono il coronavirus SARS-CoV-2 e possono contribuire a proteggere contro COVID-19.

Ad ogni modo, il principio di funzionamento di Sputnik è lo stesso del vaccino di AstraZeneca e J&J. Anche Sputnik V predispone l’organismo a difendersi contro l’infezione da coronavirus SARS-CoV-2.

Pur trattandosi di un adenovirus, ha al suo interno ben due vettori virali: è composto da due diversi virus che appartengono alla famiglia degli adenovirus, Ad26 e Ad5.

Questi adenovirus sono stati modificati in modo da contenere il gene responsabile della produzione della proteina spike del SARS-CoV-2. Non sono in gradi di riprodursi nell’organismo e non provocano la malattia. I due adenovirus sono iniettati separatamente: Ad26 è usato nella prima dose mentre Ad5 è usato nella seconda dose per incrementare l’effetto del vaccino.

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La storia del vaccino di AstraZeneca

I primi passi

Al di là dei dati oggettivi qui sopra riportati, la storia di AstraZeneca è piuttosto travagliata sin dagli esordi.

Vi ricordo, ad esempio, che il campione di persone su cui sono stati eseguiti i test della fase 3 non era omogeneo (età tra i 18 e i 55 anni) e che aveva dato risultati non eccelsi. La copertura del vaccino era di efficacia media (circa al 60%). La ditta produttrice affermava che sugli anziani l’efficacia era inferiore che sui soggetti giovani. Inoltre, era stata anche testata su migliaia di persone una dose contenente la metà delle cellule virali canoniche che, stranamente, aveva fornito risultati di copertura migliore (circa al 90%).

Questo effetto inaspettato era dovuto, secondo alcuni esperti nel campo, ad una maggiore attivazione dei linfociti nelle fasi iniziali.

Se c’è tra voi qualcuno in grado di smentire o confermare questa teoria, lo invito caldamente a farlo nei commenti. Grazie.

In attesa di ulteriori verifiche e analisi, anche in considerazione dei tre diversi vaccini, l’AIFA suggeriva un utilizzo preferenziale dei vaccini a mRNA (BioNTech/Pfizer e Moderna) nei soggetti anziani e/o a più alto rischio di sviluppare una malattia grave. L’utilizzo del vaccino AstraZeneca, invece, nei soggetti tra i 18 e i 55 anni di età, fascia per la quale le evidenze disponibili erano più solide.

I primi vaccinati

Tuttavia, una volta iniziata la campagna vaccinale in Gran Bretagna, si è appurato man mano che il numero delle cavie…ehm, dei vaccinati cresceva, che questo vaccino fosse efficace anche tra la popolazione anziana (anche al 70%). Infatti, era in grado di limitare i sintomi più gravi per cui era necessaria l’ospedalizzazione. Lo stesso fenomeno incoraggiante si verificava in Israele.

A fronte di ciò, nella circolare del 22 febbraio 2021, il Ministero della Salute, ricevuto il parere dell’AIFA e del Consiglio Superiore di Sanità, estendeva la possibilità di utilizzo del vaccino di AstraZeneca  fino ai 65 anni di età, a eccezione dei soggetti estremamente vulnerabili.

I passi da gigante

In seguito, una nuova circolare dell’8 marzo 2021 del Ministero della Salute ha esteso (!!!) l’utilizzo del vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca  anche nei soggetti con età superiore ai 65 anni di età. Ad eccezione dei pazienti estremamente vulnerabili (per condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici o per patologia concomitante che aumenti considerevolmente il rischio di sviluppare forme fatali di COVID-19). Per questi ultimi, si confermava l’indicazione a una somministrazione preferenziale dei vaccini a RNA messaggero.

In pratica, AstraZeneca poteva essere somministrato a tutti i cittadini, dai 18 anni in su.

Il brusco STOP

La sua corsa sembrava inarrestabile finché, pochi giorni dopo, alcuni casi sospetti di trombosi (*), verificatisi in soggetti giovani e apparentemente in perfetta salute, costringeva l’EMA (e AIFA) ad accertamenti. Test erano al fine di assicurare che questi casi isolati (circa 30 casi su 5 milioni) non fossero per nessun motivo in relazione con l’inoculazione del vaccino. La statistica però subiva variazioni e in Germania i casi di trombosi superavano i numeri “attesi”: 7 su 1.6 milioni (di cui 3 fatali).

(*) dopo la somministrazione del vaccino è stata osservata, in casi molto rari, una combinazione di trombosi e trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue), talvolta associata a sanguinamento. Questo ha incluso casi gravi (di cui alcuni con esito fatale) che si sono presentati come trombosi venosa, anche in aree insolite come: trombosi cerebrale dei seni venosi, trombosi venosa mesenterica e trombosi arteriosa in concomitanza con trombocitopenia.

In alcuni Paesi il vaccino è stato immediatamente sospeso (vedi in Danimarca). In altri sono state emesse alcune raccomandazioni in attesa che fosse fatta chiarezza e che i risultati di alcuni test condotti da EMA sul vaccino ne confermassero o meno la sua sicurezza di utilizzo.

Iniziali conclusioni

Dopo tutte (speriamo) le verifiche del caso, il responso finale di EMA è stato il seguente: è possibile che il vaccino abbia provocato alcuni casi di trombosi, in particolare su soggetti giovani (di età inferiore ai 55) e di sesso femminile. Tuttavia, trattandosi di eventi rari, comuni a molti dei farmaci abituali, ed essendo il rapporto benefici/rischi del trattamento di gran lunga superiore a 1, si considera tale vaccino un’arma efficace per la lotta al Covid-19. Pertanto la somministrazione deve continuare allo stesso modo, con alcune precauzioni. Spiegatelo bene, soprattutto a chi ci è morto.

Nella circolare del 19 marzo 2021, il Ministero della Salute, oltre a comunicare che il vaccino ha cambiato nome, diventando Vaxzevria (prima era banalmente il vaccino di AstraZeneca), fornisce indicazioni in merito alle precauzioni da osservare soprattutto se il vaccino è stato somministrato a donne di età inferiore ai 55 anni. Grazie al.

La circolare del Ministero della Salute del 7 aprile 2021 raccomandava un uso preferenziale del vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca ) nelle persone di età superiore ai 60 anni. I soggetti che hanno già ricevuto una prima dose del vaccino Vaxzevria, completeranno il ciclo vaccinale con il medesimo.

(Sembra incredibile ma sul sito di AIFA hanno invertito i documenti delle due ultime circolari. Fate attenzione!! Sul mio post troverete il link corretto)

Gli effetti collaterali di AstraZeneca

Come è stata risolta la questione dei casi di trombosi?

Brillantemente: è stato sufficiente aggiungere una lista di sintomi da monitorare con attenzione nei primi 14 giorni dalla somministrazione, in seguito alla comparsa dei quali, occorre avvisare tempestivamente il proprio medico. Questi “segnali di “pericolo” sono: la rottura dei vasi sanguigni, sanguinamento, dolore ai polpacci o all’addome (presenza di trombi) o, infine, mal di testa persistenti.

Ecco ciò che riporta il bugiardino di AIFA, prima nelle avvertenze:

Disturbi del sangue Coaguli di sangue molto rari, spesso in siti insoliti (ad es. cervello, intestino, fegato, milza), in associazione a bassi livelli di piastrine nel sangue, in alcuni casi accompagnati da sanguinamento, sono stati osservati dopo la vaccinazione con Vaxzevria. Questa condizione includeva casi gravi con coaguli di sangue in siti diversi o insoliti come pure coagulazione o sanguinamento eccessivi in tutto il corpo.

La maggior parte di questi casi si è verificata nei primi quattordici giorni successivi alla vaccinazione e si è verificata principalmente in donne sotto i 60 anni di età. In alcuni casi questa condizione ha provocato morte.

E poi negli effetti indesiderati:

Molto rari (possono interessare fino a 1 persona su 10.000) – coaguli di sangue spesso in siti insoliti (ad es. cervello, intestino, fegato, milza), associati a bassi livelli di piastrine nel sangue.

Soluzioni analoghe per JansSen

Stessa storia per Janssen di J&J: l’AIFA ha aggiunto una sezione “Informazioni per il pubblico”, che vi riporto:

Casi inusuali di trombi associati a bassi livelli di piastrine si sono verificati in persone che hanno ricevuto il vaccino COVID-19 Janssen negli Stati Uniti. La possibilità che ciò si verifichi è molto bassa, ma i vaccinati devono comunque essere consapevoli dei sintomi, in modo da poter ricorrere ad un trattamento medico tempestivo per favorire la ripresa ed evitare complicazioni.

È necessario cercare immediatamente assistenza medica se si manifesta uno qualsiasi dei sintomi nelle tre settimane successive alla vaccinazione con il vaccino COVID-19 Janssen. Tali sintomi sono: respiro affannoso, dolore al petto, gonfiore alle gambe, dolore addominale (di pancia) persistente, sintomi neurologici, come mal di testa grave e persistente o visione offuscata, piccoli lividi sulla la pelle al di fuori del sito di iniezione.

In seguito ai casi di trombosi, verificatisi anche per questo vaccino, nella circolare del 21 aprile 2021 sono fornite le Indicazioni d’uso ad interimdel vaccino COVID 19 VACCINE JANSSEN:

Vista la nota circolare prot. n° 14358-07/04/2021-DGPRE, acquisito il parere della CTS di AIFA prot. N° STDG P 48067 del 20/04/2021 (allegato 2), sentito il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, per il vaccino JANSSEN si raccomandano le stesse condizioni di utilizzo del vaccino VAXZEVRIA. Pertanto, il vaccino JANSSEN, il cui uso è approvato a partire dai 18 anni di età, dovrà essere preferibilmente somministrato a persone di età superiore ai 60 anni.

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Conclusioni

La mia opinione sulla faccenda

Ora provo a dire la mia: innanzitutto, non so quanti di voi abbiano apprezzato parole come “raccomanda” e “utilizzo preferenziale” sull’uso dei vaccini. Queste sono la vera chiave di lettura dell’intera faccenda. Ciò non esclude totalmente la somministrazione di AstraZeneca (e dei suoi cugini) ai soggetti giovani.

Ma infatti. All’inizio si era detto che l’efficacia migliore era sui giovani!

Che gran confusione!

Tutto questo cinema dei vaccini è stato messo in piedi per salvaguardare e proteggere i soggetti più deboli e in pericolo, ovvero gli anziani. Tuttavia, a questi stiamo inoculando un vaccino la cui efficacia è media e ai giovani (in generale soggetti meno a rischio) diamo il vaccino “buono”, efficace e che è possibile ripetere nel tempo. Già, perché gli adenovirus, dopo qualche somministrazione, diventano inefficaci perché l’organismo li distrugge.

Anche cercando di “faire avec”, come dicono i Francesi, capite che con queste vicende mediatiche, tentennamenti da parte delle istituzioni, risultati smentiti, e chi più ne ha, ne metta, l’opinione pubblica è, come minimo, sconvolta! Ecco perché in molti si rifiutano di fare questo tipo di vaccino.

Se avete letto con attenzione, il Ministero della Salute (che riporta le dichiarazioni dell’AIFA) precisa che l’uso di AstraZeneca è di utilizzo preferenziale e su soggetti di età superiore a 60 anni che non abbiano patologie che aumentano il rischio di sviluppare una polmonite bilaterale. Ora capisco perché AstraZeneca è tuttora somministrato a persone giovani, soprattutto personale sanitario e scolastico.

Personale appello

Farei pertanto un appello alle donne sulla quarantina che assumono la pillola e che magari fumano pure. È risaputo che queste appena citate sono le cause principali di trombosi. Al fine di non cadere nella trappola di “colpevolizzare” un vaccino che aumenta dello 0,0005% di contrarre questa malattia, se proprio volete rifiutare AstraZeneca, almeno prima smettere di fumare. Sulla pillola, non mi permetto di dire nulla, ogni donna avrà valutato rischi/benefici (anche se le pillole moderne sono sempre meno pericolose da questo punto di vista).

Per concludere, dopo questa “bella” carrellata, non mi resta che affermare che, se potessi scegliere, non avrei il minimo dubbio: Pfeizer o Moderna.

C’è stato un momento in cui ho pensato che, se quello di Pfeizer fosse somministrato dietro pagamento (diciamo qualcosa in più del costo della fiala), sarei anche disposta per averlo. In Italia (e anche in qualche altro Paese), purtroppo, certe idee è meglio non farsele neppure venire. Ci sarebbe subito un mercato clandestino, vaccini contraffatti e solo il Signore sa in quali altri pericoli ci si infilerebbe.

Infine, vi lascio con una buona notizia (evviva!): dal 2022 niente più né AstraZeneca né J&J. Oltre al non rispetto dei contratti, i casi di trombosi verificatisi hanno condotto la Commissione Europea a puntare tutto sui vaccini mRNA, quelli sicuri e praticamente privi di brutte sorprese.

Sperando di poter vaccinarci tutti in sicurezza, vi do appuntamento alla prossima settimana per un nuovo e interessante approfondimento.

 

Firma Cinzia

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