Indice
1. La dichiarazione di Bush e l’inizio della guerra al terrore
2. Saddam Hussein e la seconda guerra del Golfo
3. Il ritorno di Osama Bin Laden
4. Obama e le speranze svanite
5. Gli attentati in stile ISIS
6. Donald Trump e la supremazia bianca
7. Conclusioni
Vent’anni sotto analisi
Disclaimer
La guerra in Afghanistan è ufficialmente iniziata dall’11 settembre, in seguito all’attacco terroristico avvenuto in diversi luoghi negli Stati Uniti. L’unico intento dichiarato dal Presidente di allora, George Bush, era di eliminarne i mandanti. Questa giustificazione, accettata da tutti, nasceva dal fatto che i Talebani proteggevano Osama Bin Laden, da tempo stabilitosi con Al Qaida in Afghanistan, luogo in cui addestrava anche le truppe. Ciò significa che non era prevista alcuna missione di educazione o di costruzione di una democrazia.
La dichiarazione di Bush e l’inizio della guerra al terrore
Dopo l’attacco alle Torri Gemelle, Bush junior, dichiarò che avrebbe fatto tutto ciò in suo potere per vendicare le morti degli Americani e, allo stesso tempo, combattere e sconfiggere i terroristi di Al Qaida, consigliato dal suo VICE. Dick Cheney assunse da quel momento la gestione diretta della crisi in corso. Egli approfittò del potere esecutivo unitario del Presidente per “fare quello che pareva”.
Cheney ordinò senza mezzi termini che gli venisse portata la testa di Bin Laden. La lotta al terrorismo, tra il bene e il male, per i valori della libertà e vita, ebbe inizio.
La CIA ebbe l’autorizzazione ad inviare i suoi uomini appena due settimane dopo il’11 settembre. In pochi giorni cacciarono i Talebani dalla capitale Kabul, tuttavia non riuscirono ad uccidere Bin Laden. Infatti, il leader di Al Qaida inizialmente si rifugiò tra le montagne e, anche grazie al fatto che l’élite delle forze armate americane ritardò a raggiungere quei luoghi, egli riuscì a fuggire in Pakistan.
Il risultato immediato fu che l’Afghanistan uscì distrutto dalla guerra e gli USA confermarono di non essere affatto interessati ad aiutare la popolazione a rinascere sotto una democrazia (come riporta il disclaimer a inizio articolo).
Bin Laden su Al Jazeera
Bin Laden dal Pakistan iniziò a distribuire su Al Jazeera video provocatori per stuzzicare l’America.
Questi video, disponibili anche su YouTube, avevano creato scalpore in tutto il mondo. Non si capiva come la TV araba potesse mandare in onda certe minacce.
Per noi in Italia, questi video furono l’origine di un momento ludico quando Luca e Paolo realizzarono diverse parodie di Osama Bin Laden, accompagnato dal suo fedele traduttore. Per chi non se li ricorda, guardatevi questo video, tratto da un loro spettacolo live.
Il timore di altri attacchi
Gli Americani, di fronte a tali dichiarazioni, cominciarono ad aver paura di altri attentati terroristici: diverse lettere all’antrace arrivarono a singoli personaggi politici. Più grave era il timore, che cominciava a circolare e a divenire sempre più fondato, di attacchi chimici e/o nucleari contro la moltitudine.
A quel punto, gli USA ebbero carta bianca sulla caccia all’uomo (calpestando i diritti umani). Tutto fu lecito e poterono usare tutti i mezzi possibili per scovare ed uccidere il nemico. Erano pronti a sacrificare tuti i valori in cui credevano. I Servizi Segreti arrestarono molte persone, oggetto di pesanti interrogatori, sbattuti in celle di isolamento, torturate, ecc. solamente perché avevano avuto contatti con Al Qaida.
Guantanamo
Con lo scopo di perpetrare queste tecniche di estorsione dell’informazione, il Governo decise di uscire dal raggio d’azione della Costituzione degli Stati Uniti, portando i prigionieri nel carcere di Guantanamo a Cuba. Qui non sarebbero di certo stati indagati, né perseguiti, per non aver rispettato i diritti umani. I detenuti in questo carcere erano trattati come animali in gabbia.
I valori americani furono messi in discussione dalle immagini diffuse sul trattamento riservato dai carcerieri ai prigionieri. Molte questioni si sollevarono, non solo tra i vari Paesi, ma soprattutto tra gli Americani: “Se noi siamo i buoni, non dovremmo comportarci come i cattivi”.
Oltretutto, tutti sanno che la tortura non serve, perché il torturato dice sempre e solo ciò che il boia vuole sentirsi dire.
A poco a poco, gli americani divennero nemici di loro stessi e si rovinarono la reputazione. Uno spreco enorme di quell’amicizia e sostegno dimostrato da tutti i Paesi, anche quelli nemici, dopo l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001.
Saddam Hussein e la seconda guerra del Golfo
Nonostante gli obblighi internazionali scaturiti per l’Iraq dopo la prima Guerra del Golfo, voci insistenti affermavano che Saddam Hussein era ancora in possesso di armi di distruzione di massa, in particolare di tipo nucleare. Accanto a Dick Cheney, entrarono in gioco i Servizi Segreti e l’allora capo Colin Powell. Cheney aveva diretti interessi in Iraq, perché era CEO di una società legata al petrolio. Cheney sfruttò Powell per cavalcare le voci su Saddam, accontentando anche Bush, che voleva liberarsi definitivamente di Saddam. Powell divulgò pertanto la notizia che anche Bin Laden era in grado di costruire una bomba atomica. Successivamente, sfruttò il fatto che tra Saddam e Bin Laden correva buon sangue, divenendo così il principale promotore della guerra in Iraq. Powell vendette ai media informazioni nate e confezionate ad hoc dai Servizi Segreti.
Infatti, tutti i giornali e i media corroborarono le affermazioni del Governo, conducendo tutti verso la giustificazione di un’azione contro Saddam, finché il Congresso e Bush – in pratica obbligato – votarono a favore di una seconda guerra in Iraq. La guerra ufficialmente iniziò a marzo 2003.
L’ONU decise di coadiuvare le operazioni deli USA nel Paese, il che scatenò reazioni in Europa, in particolare in Francia, in Italia, in Gran Bretagna e in altri Paesi che si unirono in manifestazioni pacifiste contro tale iniziativa, pur senza successo.
La sorpresa
Una volta giunte in Iraq, le truppe americane non trovarono nulla.
Tale mancanza di prove causò una reazione a catena: mise in modo definitivo in discussione i motivi di una guerra in quel Paese e gli Americani persero la fiducia nel Governo, in Powell e nel Presidente.
Poiché era chiaro che la guerra in questo Paese fosse cominciata senza una ragione plausibile, l’opinione pubblica cominciò a credere a ipotesi di complotto.
Il caos durante la guerra
L’idea che vedeva Gli USA capaci almeno di instaurare una democrazia in Iraq si stava sgretolando rapidamente. Per avere successo in una tale operazione, sarebbe stato necessario sconfiggere innanzitutto tutte le tribù locali e non solamente i Talebani. Sorprendentemente, gli Americani decisero invece di sciogliere l’esercito iracheno, anziché istruirlo ed addestrarlo per sconfiggere i nemici. Ciò dimostrò un’ingenuità implicita nel modo di pensare dei politici americani.
Dopo solo qualche mese, a maggio del 2003, cadde il regime in Iraq, Saddam fu catturato e la situazione precipitò. A quel punto, fu impossibile contenere le insurrezioni.
Analogamente a quanto appena accaduto in Afghanistan, senza che i soldati americani facessero qualcosa, caos e anarchia presero il sopravvento e palazzi, sedi dell’ex governo, ecc. furono saccheggiati e vandalizzati: tutti fummo spettatori dell’abbattimento della statua di Saddam.
Riguardo alla presunta democrazia, circolarono notizie contrastanti da parte del Governo. Infatti, gli Americani non si sentirono mai responsabili della ricostruzione del Paese, non avevano un piano B. Altra analogia con la presente situazione in Afghanistan.
Gli USA persero la faccia – una seconda volta
Ancora una volta, i militari USA furono sorpresi in immagini che mostravano l’umiliazione e le torture subite dai prigionieri iracheni, scattate dagli americani stessi. Come a Guantanamo. Tali orrori furono pubblicati da tutti i quotidiani mondiali.
Ciò a conferma che i militari americani fossero recidivi sul loro comportamento nei confronti dei presunti terroristi e si apprestavano ad una seconda figura meschina agli occhi dell’opinione pubblica. In molti credevano che gli Stati Uniti fossero andati in Iraq per promuovere la libertà e la democrazia e invece i loro militari avevano calpestato nuovamente i diritti umani.
Calò per sempre il sipario sulle intenzioni degli Americani in Iraq. Nessuno più considerava verosimili le ragioni della guerra. Le voci più insistenti insinuavano che gli USA avevano attaccato l’Iraq per il petrolio, nello stesso modo in cui avevano bombardato il Kuwait nel 1991.
Il ritorno di Osama Bin Laden
Nel 2003 Bin Laden fu il responsabile della strage di Nassiriya in cui morirono 28 militari, di cui 19 carabinieri italiani, uno degli attacchi più efferati compiuti da Al Qaida fino a quel momento.
Sfruttando il momento negativo, approfittando del fatto che i soldati americano erano mal visti sia in Iraq che negli Stati Uniti stessi, nel 2004 Bin Laden uscì dall’ombra e si unì agli iracheni estremisti. Tutti si schierarono contro gli USA, gli uomini di Saddam da un lato e Bin Laden dall’altro. Lo scopo di quest’ultimo era, ovviamente, fomentare la guerra civile, tra sciiti e sunniti.
Successivamente gli attacchi tornarono e nel 2005, il numero 2 del SISMI (Nicola Calipari) morì in un attentato a Baghdad, al termine della negoziazione che aveva liberato la giornalista Giuliana Sgrena. Seguirono rapimenti e altre morti.
Saddam fu giustiziato nel 2006.
Nel 2008 Al Qaida occupò il Paese. Ingenti furono le perdite di soldati americani. Coloro che sopravvissero alla guerra erano uomini distrutti non solo fisicamente, ma soprattutto psicologicamente (il termine PTSD fu coniato in quell’occasione).
Alcuni Stati, tra cui l’Italia, cominciarono in quello stesso anno a ritirare dall’Iraq le proprie truppe.
L’odio verso i Musulmani
Parallelamente, in USA si instaurò un’ostilità verso musulmani che si trasformò in un’ondata di odio. Molte furono le uccisioni di Americani di religione musulmana. Il lato peggiore degli Stati Uniti cominciò ad emergere. I crimini d’odio si nascondevano dietro al non voler far crescere terroristi. Divisioni e conflitti interni erano ormai un dato di fatto.
L’attacco terroristico dell’11 settembre causò la morte di circa 3000 persone, ma l’azione americana, oltre che a causarne di più, minò la pace internazionale.
Obama e le speranze svanite
Nel 2009, una volta salito al potere, neppure Obama riuscì a porre fine alla guerra al terrorismo.
Tuttavia, nel 2010 ricevette il Premio Nobel per la pace, dopo un solo anno di presidenza, perché innanzitutto non era Bush e soprattutto perché aveva dichiarato in tutti i modi di essere contrario alla guerra in Iraq.
Obama seppe sfruttare sapientemente tutte le menzogne attorno al tema della guerra. Il suo messaggio di pace fece breccia nell’opinione pubblica. Nonostante il premio Nobel, era alla guida di un Paese in guerra! Il suo discorso al momento della premiazione fu addirittura belligerante. Ad Obama spettava l’arduo compito di terminare ben due guerre.
La sua opinione era che quella in Afghanistan era giusta e quella in Iraq sbagliata.
Pertanto, desiderando ardentemente chiudere la guerra al terrorismo, decise di rafforzare il contingente militare in quel Paese.
La guerra continua
Infatti, nello stesso anno della sua elezione, pianificò la più grande offensiva, inviando più soldati per rovesciare le sorti della guerra, che, purtroppo, finì in un disastro. Fu anche peggio del Vietnam, perché i Talebani, come i Vietcong, si organizzarono in imboscate e non si presentarono mai a viso aperto.
Anche Obama, come il predecessore Bush, si scontrò brutalmente con la realtà e cambiò idea sull’Afghanistan, decidendo di ritirarsi.
Ad ogni modo, valutò bene il da farsi, perché se ci fosse stato un attacco terroristico successivamente, sarebbe stata la sua fine. Si rese finalmente conto che la democrazia in Afghanistan era impossibile da instaurare. Infatti, durante la sua carica, caddero il triplo dei caduti sotto Bush, quasi 2000.
I media e il coinvolgimento politico
Come per gli altri conflitti, la TV, grazie ai suoi inviati sul campo, mandò in onda i vari attacchi alle truppe americane e i complotti sventati da questi ultimi, non solo per documentare quanto accadesse nel Paese, ma anche per giustificare la guerra. Le coscienze americane erano sempre più dibattute e trovarono nuovamente sfogo in una lotta ai musulmani: una vera e propria fobia nei confronti di Arabi e stranieri. Fino alla rabbia contro Obama, che divenne quasi un simpatizzante islamico, solamente perché professava la stessa religione.
La chiusura di Guantanámo e l’opposizione del Congresso
Per recuperare i punti persi sull’opinione pubblica, Obama cercò di chiudere Guantanamo con un atto esecutivo, ma il Congresso non glielo lasciò fare, adottando la scusa che là dentro ci fossero i terroristi. Pertanto, l’ordine del Presidente fu respinto, in favore della politica del terrore.
Obama fu tuttavia in grado di ridurre considerevolmente il numero dei detenuti.
Trump in seguito firmò un ordine esecutivo affinché rimanesse aperto a tempo indeterminato. Infine, Biden ha giurato di volerlo chiudere per sempre. Finora, è stato rilasciato un solo detenuto.
Le pressioni su Obama
Obama ricevette pressioni dal Governo per continuare la guerra anche in Iraq, così come Bush. Barack aveva paura a eliminare i sostenitori della guerra, perché se si fosse verificato un attacco terroristico, la colpa sarebbe stata sua e sarebbe apparso come debole.
Tuttavia, egli era rimasto affascinato dalla guerra con i droni: i soggetti sensibili individuati precisamente potevano essere uccisi senza fallimenti. Iniziata con Bush, la nuova arma fu sdoganata con Obama, che autorizzò centinaia di attacchi, il cui risultato fu di 4000 persone uccise.
Purtroppo, gli attacchi non erano così precisi come gli volevano far credere i Servizi Segreti e i militari. Infatti, producevano molti danni collaterali, perché nell’attacco mirato restavano spesso uccisi anche donne e bambini e altri civili. Si trattava pur sempre di una macchina di morte, un nuovo metodo per uccidere.
L’uccisione di Bin Laden
Ad ogni modo, nel 2011, dopo dieci anni di guerra, Obama riuscì nell’impresa di eliminare una volta per tutte Osama Bin Laden.
Come ho scritto nell’altro articolo, questo evento garantì la sua rielezione. L’Americano medio lo votò una seconda volta, premiandolo per aver chiuso un cerchio. La realtà fu ben diversa, perché la guerra continuò e, nonostante gli sforzi a tutti i livelli da parte degli USA, Al Qaida era cresciuta tantissimo. C’erano cellule ovunque, che permisero ai terroristi di sferrare gli attacchi anche al di fuori degli Stati Uniti.
Il triste “epilogo” della guerra in Iraq
Obama pertanto ritirò le truppe dall’Iraq alla fine del 2011. Tutti furono felici per questo storico evento. Tuttavia, la ritirata fu militare e politica, lasciando l’Iraq in balia del suo proprio destino.
Infatti, nel 2012 il Primo ministro iracheno eletto, sciita, arrestò subito il suo vice sunnita. Il Paese finì immediatamente in mano alle politiche settarie e si trovò nel mezzo della guerra civile siriana, iniziata proprio nel 2011 nel contesto della Primavera Araba.
Da un lato, gli Sciiti sorretti dall’Iran, dall’altro i Sunniti. Al Qaida, sapientemente infilatasi nel caos, si schierò con questi ultimi che, soli ed abbandonati, lasciano entrare anche nel conflitto anche i porta bandiera del califfato islamico, un gruppo senza scrupoli la cui intenzione era quella di fondare lo stato islamico. Nel 2014, nacque ufficialmente l’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), capitanato da Al-Baghdadi. Questi veri e propri miliziani, dotati di una strategia, vantando una pregressa presenza sul territorio, riescono rapidamente ad espandersi.
Gli attentati in stile ISIS
Dal 2014 l’ISIS divenne il mandante degli attentati più atroci. Vere e proprie uccisioni efferate, senza la minima pietà, a scapito di persone civili, come giornalisti e inviati di guerra.
Non solo, organizzarono rapine, rapimenti, distrussero monumenti e opere d’arte (ad esempio i tesori della città di Palmira in Siria e il Buddha di Bamiyan) realizzarono hackeraggi informatici di varia natura. Furono definiti come la peggiore organizzazione terroristica al mondo.
Il 19 agosto 2014 segnò la svolta. L’ISIS pubblicò un video su YouTube, diffuso anche dai principali media mondiali, in cui un uomo il cui volto era coperto da un sacco nero, armato di un coltello, mentre accusava gli Stati Uniti per aver cercato di uccidere i suoi compagni con bombardamenti, sgozzava in diretta un ostaggio. Costui, vestito con la tuta arancione, la stessa indossata dai prigionieri di Guantanámo, era un fotoreporter e corrispondente di guerra americano rapito due anni prima in Siria.
A poco a poco, i seguaci dell’ISIS furono considerati alla stregua di una milizia, tanto era precisa ed efficace la pianificazione degli attacchi. Il loro principale scopo era di seminare il terrore a tutti i livelli e di reclutare nuovi adepti. Infatti, è proprio grazie alla propaganda Social che, non solo rese pubbliche tutte le loro nefandezze, ma diede loro notorietà presso chi, nel mondo, condivideva le stesse idee.
Altri attentati terribili furono compiuti in Kwait e in Tunisia; fu abbattuto perfino un aereo russo con 224 passeggeri.
Di quelli compiuti in Europa, ho dato qualche cenno nell’articolo precedente.
Fortunatamente, il califfato a partire dal 2015 cominciò a perdere potere. Ad ogni modo, i Jihadisti originari dell’ISIS si sparpagliarono nei territori iracheni e siriani.
Donald Trump e la supremazia bianca
Nel 2017 giunse alla presidenza Donald Trump.
Innanzitutto, Donald è il vero figlio dell11 settembre. L’America era già divisa prima del suo arrivo, ed è per questo motivo che riuscì nell’intento di vincere le presidenziali. Obama non era riuscito a fermare le guerre, anzi, aveva causato più morti di Bush.
Non solo, Trump, da sempre sostenitore della supremazia bianca, sfruttò l’islamofobia, chiudendo l’ingresso ai musulmani. Dichiarò che la guerra non era stata vinta, perché in realtà la guerra da risolvere era interna.
Trump contro l’America di Obama
Alcuni, infatti, ritengono che, al fine di riprendere terreno sui suoi sostenitori, Trump spostò la guerra in America, fomentando il razzismo e la lotta contro i neri. Ricordiamo tutti l’uccisione di George Floyd e il movimento in sua memoria, il Black Lives Matter. Ci furono diverse manifestazioni e atti di violenza, ma in modo limitato.
I detrattori di Trump sostenevano che avesse dichiarato che la guerra al terrore in realtà fosse rivolta contro di lui. Tuttavia, la sua politica era intenta a far tornare l’America quella di un tempo (make America great again).
Come ho scritto nell’articolo sul 6 gennaio, Trump riuscì infatti a far rifiorire l’economia americana – a modo suo – frenata, purtroppo, dall’arrivo della pandemia.
Fomentò anche la paura su presidente Obama, dicendo che fosse amico dell’ISIS e ne pretese il certificato di nascita. Di certo Trump giocò una partita sleale nei confronti degli Americani, ma ottenne il sostegno di chi, purtroppo, la pensava alla stessa maniera.
Le misure di Trump per continuare la guerra
Ad ogni modo, Trump rinforzò anche gli attacchi con i droni e riuscì a ridurre la potenza del Califfato in Siria. Tuttavia, i droni avevano lo stesso problema di qualche anno prima: gli effetti collaterali portarono all’uccisione di civili innocenti.
Per sensibilizzare le coscienze, registi americani hanno realizzato diversi film in proposito. Ve ne consiglio qualcuno: Eye in the Sky, Drone e Good Kill.
Pensate che pure i famosissimi MUSE hanno intitolato il loro album, e il loro tour, del 2016 Drones.
Nel 2018 il Presidente decise di ritirare le truppe dal Paese. Ciò nonostante l’ISIS era lontana dall’essere eliminata definitivamente.
La fine dell’ISIS?
Finalmente, nel 2019 Trump dichiarò che il leader Abu Bakr al Baghdadi si era fatto saltare in aria per non essere catturato durante un bliz delle forze USA. A questo punto poteva dichiarare che l’ISIS era stata sconfitta.
Poco dopo, Trump ritirò le truppe dalla Siria e decise di lasciare anche l’Afghanistan, firmando un accordo che ricadde sul suo successore. L’attuale Presidente Biden ebbe l’onore, ma soprattutto l’onere di portare a termine quanto iniziato dall’ex-presidente.
Il prossimo articolo
Questa è tutta un’altra storia, che vi racconterò nel prossimo articolo “La sindrome Afghana”.
Scriverò degli accordi presi da Trump e il ritiro definitivo delle truppe americane sotto la presidenza Biden.
Affronterò come perché questo Paese è così interessante a livello geopolitico e perché Cina e Russia sono così intente a instaurare rapporti con i Talebani.
Perché l’Europa ha in tutto questo un ruolo marginale.
Vi racconterò dei salvataggi da parte di USA e di altri Paesi – tra cui l’Italia – dei collaboratori, traduttori, e soprattutto di chiunque volesse abbandonare lo Stato (in particolare tecnici e amministrativi), 5500 uomini in tutto.
E molto altro!
Conclusioni
Poiché negli anni le cellule del terrorismo si sono spostate in altri Paesi e le modalità degli attacchi sono “evoluti” in missioni più sporadiche e isolate, probabilmente, in futuro non sarà più necessaria una guerra vera e propria, con il dispiego di forze militari in loco. Sarà invece vincente una strategia precisa e mirata, impiego di droni sempre più intelligenti. Gli obiettivi di oggi sono diversi da quelli di vent’anni fa: pensiamo alla cyber security, al nucleare, ecc.
Qualcuno addirittura insinua che possa verificarsi un nuovo tipo di attentati ideologici, dovuti all’aumento del terrorismo di destra e del Populismo. A mio avviso, siamo di fronte all’ennesima teoria del complotto. Vedremo se i fatti smentiranno la mia opinione o meno.
Certo è che il mondo sta cambiando e altre potenze sono apparse nel conflitto geopolitico intorno ai Paesi del Medio-oriente. Pensiamo a Cina e Russia, ad esempio. Ci sono molti elementi da tenere in considerazione.
Pensate che fino a qualche anno fa non mi appassionava la geopolitica, mentre ora vorrei aver conseguito gli studi in questo ambito. Quando si dice che con l’età si possa maturare in maniera differente e inconsueta da quanto avevamo previsto. LOL
Spero che anche questo articolo complesso e – lo ammetto – difficile da scrivere, ma molto interessante, vi sia piaciuto. Mi raccomando, non perdetevi nemmeno il prossimo!
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