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Indice
1. Il naufragio: il 13 gennaio del 2012
2. Il parallelo con l’aeronautica
3. Gli errori di Schettino
4. Emergenza: sgombrate la nave!
5. Il relitto della Costa Concordia
6. Il processo e la condanna
7. Conclusioni
La misera gestione del panico di Schettino
Torni a bordo, cazzo! è la frase più iconica della tragedia della Costa Concordia, la super nave da crociera naufragata il 13 gennaio del 2012, causando la morte di 32 persone.
A pronunciarla o meglio, ad urlarla, fu Gregorio de Falco, caposezione operativa, divenuto famoso per aver ordinato al Comandante Schettino, il responsabile della nave, di tornare a bordo per concludere le operazioni di salvataggio dei circa 400 passeggeri ancora in pericolo.
Il naufragio: il 13 gennaio del 2012
Ricordo lo stupore immenso che provai nell’apprendere la notizia sui principali telegiornali. Sembrava impossibile che si trattasse di realtà.
Ma come era stato possibile mettere una nave così grande in quella posizione?
La manovra dell’inchino
Poche ore dopo l’incidente, si parlava di errore nell’esecuzione di una manovra nota, seppur non menzionata tra le “amenities” incluse nel viaggio, chiamata “inchino all’isola”, dove si prevedeva di avvicinare la mastodontica nave all’isola del Giglio, per un saluto ravvicinato. Pazzesco. Come se su un aereo di linea, i piloti “facessero la barba” (Cit. Top Gun) alla Tour Eiffel per deliziare i passeggeri.
Vecchi ricordi: il Cermis
Certo è che di cazzate ogni tanto se ne sentono, e di belle grosse. Vi ricordate la tragedia del Cermis, in cui persero la vita 20 persone? Solamente perché i piloti statunitensi si cimentarono in un “challenge” dei primordi, dimostrando di essere dei “flying ace” se fossero riusciti a passare sotto i cavi della funivia con un aereo da caccia (un Grumman, per l’esattezza). Il risultato fu, ovviamente, una tragedia.
Se esistono delle norme, alcune stabilite a livello europeo e mondiale, un motivo ci sarà! Banale, vero? Eppure, quante volte questa considerazione semplicissima sfugge a certe menti malate di protagonismo?
Prassi o incoscienza?
Nel caso di Schettino, la situazione è molto diversa, perché, nonostante le smentite da parte di Costa Crociere, la manovra incriminata era stata “caldamente” raccomandata proprio dalla compagnia.
Tuttavia, mi pare corretto ricordarlo, la decisione di eseguire la manovra sta sempre al Comandante in carico. Ancor più, come tale manovra è realizzata: velocità, distanza, angolo, ecc.
Resto tuttora incredula per come l’equipaggio al comando della Costa Concordia abbia potuto calcolare (improvvisare?) una rotta pericolosa in maniera così superficiale, da eseguire per giunta di notte!
Ora che ci penso, nessuno ha mai parlato di normative: la EMSA (Agenzia europea per la sicurezza marittima) non dovrebbe stabilire delle regole che nessuno può violare, proprio per non creare incidenti?
In questo caso, come tutti quelli in cui “ci scappa il morto”, diverse eventi (si chiamano concause che si verificano) sono andati storti.
In qualità di Comandante, Schettino aveva la piena responsabilità di ben 4000 persone; pertanto mi sarei aspettata, anzi avrei preteso, che tale autorità fosse, non solo un manico della navigazione, ma perfettamente conscio delle procedure e dei comportamenti in caso di emergenza.
Eppure, quella notte, le aspettative di tantissime persone sono andate a picco insieme alla Costa Concordia sulla quale navigavano felici, ignare di quello che stava per accadere.
Il parallelo con l’aeronautica
In passato investigavo gli incidenti aerei, per l’azienda numero uno al mondo per la produzione di velivoli dell’aviazione commerciale, Airbus. Un lavoro che ho amato, per quanto tristi fossero alcune circostanze in cui mettevamo le mani. La mia passione era nata molti anni prima, analizzando i casi italiani gestiti dall’ANSV (Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo).
In qualunque incidente mortale (in inglese accident), le condizioni che hanno portato a quella situazione, solitamente di due tipologie, guasto o errore umano, si accoppiano generando scenari pressoché imprevisti.
Premetto che il costruttore fa tutto ciò che è in suo potere (a volte anche di più) per evitarle, realizzando in primis un design robusto (che significa ridondato) e preparando procedure precise sia per i piloti che conducono il velivolo (e ne hanno la piena responsabilità), sia per i meccanici che lo manutengono. Entrambe le categorie sono sottoposte a costanti periodi di training, sia per restare aggiornati sulle eventuali modifiche, sia per allenamento.
Perché si modificano i velivoli già prodotti?
Per molte ragioni: per introdurre nuove funzionalità, per migliorare il confort dei passeggeri, per obsolescenza e, per ultima ma più importante, per ragioni di sicurezza. Con EASA (agenzia europea per la sicurezza aerea) non si scherza.
Chiunque abbia visto un episodio di Indagini ad alta quota (spesso in onda su Focus, cercateli), sa bene di cosa parlo. Se durante un’indagine si scopre che un task o il design di qualche componente ha causato un incidente e potrebbe causarne altri simili su velivoli dello stesso tipo, di solito si raccomanda la messa a terra dell’intera flotta (AOG, che sta per Aircraft On Ground).
Indagine da parte dell’OEM (costruttore del velivolo)
Entro 3 ore il costruttore deve aiutare la Compagnia aerea a capire cosa sia successo.
Qui entra in gioco il Customer Service e nel caso in cui l’investigazione richieda un’analisi dei dati, entravano in gioco gli ingegneri. Lì chiamavano me. In pochissimo tempo, una volta ottenuti i dati di volo, dovevamo capire se si trattava di un errore umano, di un guasto ai computer o – peggio – di un problema a qualche legge di controllo. Spesso, per “fortuna” si trattava del primo caso.
Ne avevo parlato nel mio articolo sui floppy disk usati ancora sui alcuni velivoli in circolazione, ma ve lo riassumo qui.
Nonostante Airbus produca velivoli progettati “a prova di dummy”, ci sono casi particolari in cui non si riesce ad evitare il fattaccio. In aeronautica, la progettazione si basa anche sulla probabilità che un certo “evento” si verifichi. La FHA (Failure Hazard Analysis) si occupa proprio di questo: gli ingegneri si spaccano letteralmente la testa per andare ad analizzare tutti i tipi di guasto di ogni singolo componente, per poi montarlo bottom-up in quello che si chiama Faul Tree, che rappresenta il sistema integrato.
Tramite quest’analisi, si verifica che la probabilità di un guasto catastrofico (perdita di controllo del velivolo), dato da “non-single point failures” (ovvero non causato da un unico guasto), non sia superiore a 10-9/FH, ovvero 1 possibilità su 1 miliardo per ora di volo (tenendo conto anche della vita del velivolo). Ad esempio, nel caso dei velivoli dell’aviazione commerciale, si considera anche il numero dei componenti della flotta. In pratica, in una flotta di 100 velivoli, in volo tutti da 30 anni, è permesso il verificarsi di un solo evento catastrofico con una probabilità dell’1 per mille. Se guardiamo alle statistiche di altri mezzi di trasporto (auto o treno), un aeroplano è decisamente più sicuro.
Oltre a ciò, le leggi di controllo inserite nei computer che governano il velivolo, non lasciano libertà assoluta al pilota (come invece accade sui velivoli del diretto competitor Boeing), limitando le manovre che può eseguire.
Ok, mi direte voi, ma il pazzoide della German Wings come ha fatto? Eppure, pilotava un A320!
In quel caso, il Comandante ha usato l’astuzia, causando volontariamente un guasto (mettendo in OFF alcuni sensori dei dati aria), al fine di entrare in modalità di pilotaggio diretto, ovvero libertà assoluta di manovra.
Pertanto, finché tutto è perfettamente funzionante, e non ci sono potenziali piloti suicidi, il velivolo è governato dalle leggi di controllo all’interno dell’inviluppo di volo. Tuttavia, quando si presenta un guasto, il pilota dev’essere opportunamente addestrato per mantenere il sangue freddo e continuare ad operare – per quanto possibile – il velivolo in modo safe.
Ecco a cosa servono le procedure: nessuno improvvisa nulla.
Ok, mi direte voi, allora il super gallo “Sully” che è riuscito nella manovra di ditching nel fiume Hudson nel 2009? Diciamo che gli è andata bene e che forse nessun altro sarebbe stato in grado di eseguire quella manovra perfetta, sia a livello tecnico che di tempistica.
I piloti sono consapevoli che all’apparire di una caution (step prima del warning, ben più severo), la prima operazione è quella di verificare se si tratta di un falso allarme, controllando subito i dati “vitali” del velivolo.
Nel caso sia un guasto reale, si apprestano ad eseguire alla lettera tutte le procedure raccomandate dal manuale di volo. I manuali evitano che i piloti, presi dal panico, possano agire di istinto, provocando il peggioramento di una situazione già di emergenza.
I simulatori, non solo di volo
In aeronautica, da quando esistono i velivoli moderni, si parla di simulatori, uno dei principali strumenti, fondamentali, sia per lo sviluppo e il tuning delle leggi di controllo, sia per l’addestramento dei piloti. Certamente, si tratta di due tipologie diverse, ma il fondamento è analogo: simulare condizioni catastrofiche, senza correre rischi e, soprattutto, senza distruggere il mezzo.
Ho appurato che, per le navi da crociera, i simulatori di addestramento degli ufficiali esistono solo da qualche anno, dal 2016. Pertanto, ai tempi di Schettino, la formazione avveniva direttamente a bordo della nave.
Come addestravano e valutavano la risposta dei comandanti di fronte al verificarsi di eventi catastrofici? Semplice, non era possibile. Ecco forse spiegata qualche lacuna nelle decisioni prese da Schettino quella notte.
Per gli appassionati di simulatori per le grandi navi, vi consiglio di visitare questa pagina.
Gli errori di Schettino
Durante la manovra dell’inchino, la Costa Concordia urtò uno scoglio, che provocò uno squarcio nella chiglia destra, con l’effetto repentino di allagamento di alcuni compartimenti stagni. Dopo aver visto il capolavoro di James Cameron, il Titanic, tutti sanno che con tre di questi compartimenti allagati, una nave non è più in grado di restare a galla e che affonderà irrimediabilmente. Perdonate la battuta.
Immagini di dolore e morte
Ogni volta che rivedo le scene in cui l’enorme nave affonda e si spezza, non posso fare a meno di piangere. Pensare a tutte quelle persone impotenti di fronte a morte certa. È esattamente quello che accade su un velivolo che precipita o impatta contro qualcosa. Tutti sanno che, molto probabilmente, moriranno.
Proprio questi furono i pensieri che attraversarono la mente dei passeggeri della Costa Concordia, dopo che la nave aveva improvvisamente rallentato e rollato pesantemente, al punto da rovesciare tutti i tavoli del ristorante dove c’era la maggior parte delle persone a bordo.
Panico tra i passeggeri e tranquillità surreale in plancia
In quei momenti concitati e drammatici, in cabina si muovevano tutti al rallentatore: Schettino non diede ordini né comunicò al porto il problema. Si limitò solamente a chiamare un suo collega di Costa dicendogli che aveva fatto un casino. Direi molto professionale.
Pareva visibilmente confuso, assente; come se non avesse la minima idea di come reagire ed agire.
Nemmeno dopo il breve blackout, fu dichiarata l’emergenza. Eppure, la Costa Concordia era ormai senza controllo, in balia delle correnti. In gergo nautico, si dice che la nave scarrocciava verso la terraferma. Per fortuna. Se fosse stato in direzione del mare aperto, la tragedia sarebbe stata enorme e molto probabilmente 32 sarebbero stati i superstiti e non i morti.
Emergenza: sgombrate la nave!
Solamente dopo più di un’ora dall’urto della Costa Concordia contro gli scogli sommersi dell’isola, fu ordinato ai passeggeri e all’equipaggio di abbandonare la nave.
Il finimondo
Alcune persone a bordo, consce della gravità della situazione, telefonarono a parenti e amici indicando che la situazione era fuori controllo. Le prime chiamate ai soccorsi arrivarono proprio tramite queste persone e non dal comando della nave.
I passeggeri, guidati dal personale della nave, si aiutarono a vicenda, per recarsi sul ponte in attesa di imbarcarsi sulle scialuppe che, purtroppo, a causa dell’elevata inclinazione della nave, non riuscirono ad essere calate in acqua. Molti passeggeri, allora, si buttarono in mare sperando di raggiungere l’isola, ormai sempre più vicina, a nuoto. I fortunati che usarono le scialuppe osservarono dal porticciolo la sorte degli altri.
Ad un certo punto, anche il Comandante abbandonò la Costa Concordia.
Torni a bordo, cazzo!
Schettino raccontò di essere caduto nella scialuppa di salvataggio (che sfortuna!) e pertanto fu costretto da quella circostanza ad abbandonare la nave con ancora tra le 300 e 400 persone a bordo. Questa versione dei fatti non collima con il fatto che gli altri membri dell’equipaggio, caduti nella medesima sorte, fossero tutti bagnati, mentre lui fosse “bello asciutto”, così come descritto dal comandante di Polizia dell’isola del Giglio.
Per di più, si sedette sugli scogli e da lì non si mosse, nonostante gli attacchi verbali di De Falco al telefono, affermando che da lì era perfettamente in grado di organizzare in maniera efficace le operazioni di salvataggio. Manco la Costa Crociera fosse un gozzo di 3 metri.
Schettino aveva abbandonato la Costa Concordia perché, era completamente in panico. O così voleva far credere. Una volta che il Comandante abbandona la nave, è dato per perso. De Falco non avrebbe mai ottenuto il rientro di Schettino sulla nave, nonostante la sua aggressività.
Il relitto della Costa Concordia
La Costa Concordia naufragò in una posizione assurda, impensabile perfino per Cameron, e ci rimase per più di due anni.
In primis, sono stati necessari diversi mesi per elaborare una strategia complessa (stabilizzare il relitto; preparare il fondale; ribaltare lo scafo, piazzare i galleggianti; svuotare i compartimenti dall’acqua) per riuscire a spostarla in un porto dove smontarla. Il problema principale era quello di riposizionare in verticale lo scafo, in modo che i galleggianti consentissero il traino della nave fino a destinazione.
Vi consiglio di guardare il video del recupero, pubblicato da Focus: poiché dura circa mezz’ora, andate ai momenti salienti.
Il porto di Genova si offrì di prendere in carico il relitto della Costa Concordia.
Finalmente, nel giugno 2014, fu trainata a destinazione.
Nell’agosto del 2013, durante una vacanza in barca a vela nell’arcipelago toscano, ci siamo volontariamente avvicinati alla Costa Concordia per vederla da vicino. Ricordo che mi è parsa una immensa balena spiaggiata. Le operazioni di ribaltamento dello scafo erano appena iniziate.
La foto in apertura dell’ articolo è stata scattata da me proprio in quell’occasione.
Lo spettacolo che ci si è presentato davanti agli occhi è stato agghiacciante. Sono emerse immediatamente nella mia mente le immagini dei 32 passeggeri morti quella notte: dev’essere stato terrificante morire annegati, perché intrappolati dietro ad un armadio o ad un altro mobile. Alcuni di essi si sono comportati come veri e propri eroi, sacrificando la propria salvezza per consentirla ad altri. Avesse seguito il loro esempio anche Schettino!
Il presunto corso tenuto dopo il naufragio alla Sapienza di Roma
Ricordo di essere stata scioccata dalla notizia: Schettino chiamato a Roma per tenere un corso sulla gestione del panico. Ma come? Proprio lui, la principale vittima, con le conseguenze sulle sue azioni che tutti sappiamo.
Con il senno di poi, si apprese che fu l’ennesimo gesto dell’accanimento mediatico nei confronti dell’unico colpevole della tragedia.
Infatti, a Schettino fu chiesto (senza il benestare del Rettore) di partecipare a quel corso per un breve intervento, durante il quale si limitò al commentare un video in cui si mostravano gli ultimi momenti della Concordia. Molto più probabilmente, doveva rappresentare l’esatto esempio di “cosa non fare in una situazione analoga”.
Il processo e la condanna
Da subito Schettino fu il perfetto capro espiatorio, abbandonato da tutti, perfino dai propri datori di lavoro e mandato davanti al Giudice da solo. La rappresentanza di Costa e gli altri membri dell’equipaggio erano tutti fuori dall’aula.
Fu additato e condannato come l’unico responsabile della tragedia. Alcuni lo difesero, dicendo che non era possibile che avesse fatto tutto da solo. Io sono d’accordo.
Parrebbe che al comando quella notte ci fosse l’Ufficiale in seconda e che solamente quando Schettino entrò nella cabina di comando si accorse della schiuma, il che significava che la nave era troppo vicina agli scogli) e che tentò di recuperare la rotta, senza successo.
Si scoprì anche che le manovre ordinate da Schettino furono male eseguite dal timoniere che virò in senso opposto a quanto comandato. Tuttavia, si dimostrò che, anche in caso le avesse eseguite perfettamente, la collisione si non sarebbe potuta evitare.
Durante le udienze, in molti si sono chiesti se l’incipit della manovra avesse avuto un legame con la presenza in plancia della ballerina Domnican Cemortan, risaputa amante del Comandante e sua ospite, con la quale voleva forse fare bella figura, omaggiarla con una manovra speciale. Ad ogni modo, questa potrebbe essere la ragione per cui la manovra dell’inchino fu lasciata al Secondo: Schettino stava facendo dan Cicerone.
La Cermotan successivamente dichiarò di non avere nessuna responsabilità a riguardo. Si era anche parlato di un borsone, molto caro al Comandante, molto più delle vite dei suoi passeggeri. Durante il processo, Schettino si rifiutò di parlarne e cadde nel dimenticatoio. Ciò che possiamo affermare è che Schettino sbagliò in molti modi:
- lasciare all’ufficiale in seconda la pianificazione ed esecuzione dell’inchino
- non assistere alla preparazione ed esecuzione di tutta la manovra
- il ritardo con cui dichiarò l’emergenza e chiamò i soccorsi
- l’abbandono della nave prima di essersi assicurato che tutti fossero al sicuro
Di tutti, l’ultimo è quello imperdonabile.
La sentenza
Schettino fece ricorso, ma perse. La sentenza in 2° grado fu 16 anni. A ragion del vero, per 32 vittime sono anche pochi. Il processo, per gli esperti, ebbe esito un po’ sui generis. Forse proprio perché non sono stati condannati altri presunti colpevoli.
Ad ogni modo, la compagnia Costa Crociere non espresse alcun commento sulla vicenda.
Dichiarò altresì di non conoscenza della manovra dell’inchino e che Schettino non aveva comunicato a nessuno di volersi avvicinare alla costa. Per questo motivo fu il solo ad essere condannato. Attualmente sta scontando la sua pena nel carcere romano di Rebibbia.
Anche voi ritenete Schettino l’unico che doveva essere punito con il carcere? Scrivetelo nei commenti.
Le azioni correttive
Già durante i primi mesi seguenti la tragedia, fu persino messo in dubbio il futuro della navigazione delle grandi navi da crociera. Non posso che pensare a Venezia: ci vollero ben due incidenti, per fortuna senza vittime, per vietare l’ingresso nel porto agli elefanti del mare.
- Come EASA per i velivoli dell’aviazione commerciale e privata impone alle compagnie aeree o ai costruttori di eseguire alcune azioni correttive per evitare il ripersi di episodi tragici, anche nel caso della Costa Concordia alcune regole sono cambiate:
- Migliore formazione ai Comandanti, soprattutto in caso di situazioni di emergenza
- Nessuno in plancia al di fuori del personale di comando
- Monitoraggio da parte di Costa Crociere della traiettoria di tutte le navi in tempo reale
Conclusioni
Affinché qualcosa cambi in meglio, in molti casi deve verificarsi una tragedia.
Mi rammarico molto per le vittime e le loro famiglie. La rabbia di quei giorni non mi è mai passata. Mi succede lo stesso di fronte agli incidenti aerei. Solamente perché so che tutte queste tragedie potevano essere evitate con una maggiore collaborazione tra ingegneri, piloti, comandanti, soccorsi, ecc.
Spero che le lezioni imparate siano state sufficienti, almeno per questo tipo di situazioni.
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