James Webb Space Telescope

di Cinzia Macchi | Articoli in pillole

Indice

1. La NASA e i suoi canali

2. Hubble Space Telescope – HST

3. I telescopi terrestri

4. James Webb - JWST

5. Conclusioni

L’osservazione astronomica spaziale

Pronti a seguire il lancio!

Dobbiamo aspettare qualche giorno in più rispetto alla data iniziale, ma dopo aver aspettato più di 40 anni, possiamo resistere. Il 22 dicembre prossimo, una missione NASA si prepara a portare in orbita un nuovo telescopio, il James Webb Space Telescope.Le aspettative nei suoi confronti sono altissime. Riuscirà a non disattenderle?Come per tutti gli eventi spaziali degli ultimi anni, potrete seguire anche questo sui vari media della NASA. Potete addirittura iscrivervi alla diretta tramite Eventbrite. Io l’ho fatto!

La NASA e i suoi canali

Negli ultimi anni la NASA in ambito comunicazioni ha compiuto passi da gigante. Non solo trasmette tutte le missioni sul suo canale YouTube, ma realizza anche siti web ad hoc per i suoi prodotti. Ovviamente, anche in questo caso, non poteva mancare quello per il: il James Webb – JWST. Il materiale reperibile su questo sito è straordinario: oltre al kit per i media ufficiali e per gli educatori, wallpaper per le videocall, e persino giochi di carta (libro cartoon ed origami) per i bambini. NASA investe molto per coinvolgere l’utente, in special modo i ragazzi giovani, perché sono ben consci che essi siano il futuro, ed educarli da subito alle scoperte scientifiche significa avere più possibilità di scelta in termini di competenze.Tuttavia, la NASA ha realizzato un sito web dedicato anche per Hubble, dove si possono reperire tante informazioni riguardanti il programma, i record, nonché le stupende immagini scattate. La navigazione vale veramente la pena, perché non si finisce mai di imparare. Il materiale è davvero molto utile per chi volesse scrivere una piccola tesi su questo argomento.torna all’indice

Hubble Space Telescope – HST

Nel 2020 sono stati festeggiati i primi trent’anni di lavoro del telescopio Hubble, entrato in attività nel lontano 1990.Questo telescopio ottico, operante nello spettro del visibile e il primo ad essere posizionato all’esterno dell’atmosfera terrestre, ha segnato l’inizio di una nuova era dell’osservazione astronomia.

Hubble e i suoi occhiali

Dovete sapere, tuttavia, che Hubble è partito un po’ zoppo, anzi miope, perché uno dei suoi specchi fu mal realizzato ed era necessario correggerlo al più presto, se non si voleva compromettere il vantaggio di avere un telescopio nello spazio. Poiché il perimetro dello specchio primario era stato levigato in maniera errata, ciò non permetteva di ottenere le immagini ad alta risoluzione degli oggetti più lontani, il che lo rendeva “inutile” per studiare i fenomeni cosmologici, soprattutto quelli più lontani da noi.Inizialmente, Hubble e la NASA furono oggetto di molte critiche e di rappresentazioni satiriche. Mi ricordo che sui notiziari dell’epoca, per i meno addetti, si diceva che Hubble dovesse indossare un paio di occhiali per correggere la sua aberrazione sferica.Per ovviare al problema, diverse missioni (addirittura cinque!) dello Space Shuttle furono inviate negli anni successivi al lancio. Queste operazioni, le famose EVA (Extravehicular Activity), compiute dagli astronauti e trasmesse dai media di tutto il mondo, sono state fra le più complesse della storia. Non per nulla, hanno ispirato molti film americani, con scene di suspense elevatissimo e a volte con una fine anche catastrofica!Oltre a ciò, queste operazioni risultano essere anche fra le più costose: infatti, dal budget iniziale di 400 milioni di dollari, in circa 10 anni dal lancio, si arrivò a poco meno di 5 mld di dollari, per giungere ai giorni nostri a circa 10.

Il progetto

L’Hubble Space Telescope, che d’ora in poi chiamerò semplicemente HST, era un progetto che doveva completarsi negli anni ’70, ma che, a causa di ritardi e in seguito al disastro del Challenger nel 1986, fu effettivamente terminato nel 1990. Pare che questa sorte sia toccata in parte anche a James Webb.HST prese il nome da Edwin Hubble, famoso astronomo e astrofisico statunitense agli inizi del ‘900, il quale osservò per la prima volta alcune nebulose a spirale al di fuori del nostro sistema solare, tra cui la bellissima galassia di Andromeda.

Lo specchio

Scendendo un po’ nel tecnico (sono da sempre appassionata di astronomia, per anni ho frequentato, con il mio amico Federico, il GAT, Gruppo Astronomico Tradatese), l’HST è un riflettore Cassegrain: è costituito da due specchi, uno primario, concavo, di sezione parabolica e un secondario, convesso, di sezione iperbolica.L’osservazione della sorgente luminosa avviene dietro al primario, appositamente forato. Il percorso luminoso segue pertanto un doppio tragitto all’interno del tubo ottico, il che consente di avere focali lunghe in uno strumento abbastanza compatto.La vera novità di HST non risiedeva tanto nella tecnologia di cui era dotato, ma piuttosto nel suo posizionamento. Trovandosi all’esterno dell’atmosfera, le immagini da lui catturate non avrebbero risentito dei moti dell’aria, ovvero della turbolenza: ciò ha permesso di usare specchi di dimensioni ridotte (circa 2.4 m), che, tuttavia, erano in grado di catturare immagine talmente nitide da svelare realtà astronomiche mai osservate prima dalla Terra.Infatti, Hubble negli anni ci ha regalato immagini spettacolari del cielo, immortalando galassie, nebulose, ammassi, ecc. in un tempo molto lontano, anche di miliardi di anni fa, addirittura “a ridosso” (circa 500 milioni di anni) del Big Bang.

La relatività

La luce, viaggiando ad una velocità ragguardevole, seppur limitata, ci consente di osservare gli oggetti celesti con un certo “ritardo” temporale. In particolare, più lontano in termini di spazio, puntiamo il telescopio, più lontano in termini di tempo (nel passato), stiamo effettivamente osservando tale oggetto.L’HST ha potuto trasmetterci le immagini di galassie lontanissime, poco luminose e molto piccole, individuate grazie al fenomeno della lente gravitazionale, previsto dalla relatività generale di Einstein. Secondo tale teoria, oggetti di massa molto grande riescono a deformare lo spazio-tempo, provocando l’ingrandimento delle immagini di oggetti distanti, allineati in prospettiva con l’oggetto che fa da lente, e l’osservatore.

Le scoperte principali di HST

In primis, HST ha confermato l’esistenza di buchi neri al centro delle galassie, proporzionali alle dimensioni di queste ultime.In secondo luogo, misurando la variazione di luce delle stelle cefeidi, HST ha potuto determinare l’età dell’Universo: quasi 14 miliardi di anni!Ci ha regalato immagini sensazionali dei pianeti del nostro Sistema Solare, ma anche degli asteroidi della fascia di Kuiper.Ha documentato la nascita di nuove stelle: l’immagine più iconica è quella della nebulosa dell’Aquila. Eccola qui:
Immagine Hubble della nebulosa dell'Aquila
Infine, insieme all’osservatorio Gaia, HST ha contribuito alla misurazione delle dimensioni e della massa, nonché alla rivelazione della forma, della nostra galassia, la Via Lattea, tutti dati molto difficili da determinare “dall’interno”, ovvero dalla Terra.Hubble in termini di missione è stato un enorme successo, non solo perché è tuttora operativo a trent’anni dal lancio (e lo sarà ancora per diverso tempo), ma perché le sue immagini hanno conquistato tutti, astronomi e non, spiegandoci meglio com’è fatto l’Universo che, in fondo, è dove tutto ha avuto origine.torna all’indice

I telescopi terrestri

Nonostante ad un certo punto dell’osservazione astronomica sia stato necessario installare telescopi nello spazio, sulla terra la tecnologia, progredendo a passo spedito, ha permesso di realizzare telescopi terrestri sempre più grandi, in grado, pertanto, di catturare immagini altrettanto significative di quelle provenienti da HST.

Ottiche attive e adattive

Uno dei principali problemi dei grandi specchi risiede nella flessione intrinseca (dovuta al loro stesso peso) che li deforma, penalizzandone le prestazioni in termini di qualità dell’immagine. Tuttavia, grazie all’ottica attiva, sono stati introdotti degli attuatori per contrastare tali deformazioni, risolvendo così il problema.L’altro, quello legato alla turbolenza, negli anni è stato parzialmente risolto da una tecnologia analoga, l’ottica adattiva, che permette di realizzare immagini più nitide e contrastate.

Posizionamento

Infine, anche i più grandi telescopi, ad esempio l’ELT, l’Extremely Large Telescope (ne ho parlato in un articolo relativo ad un intervento al Focus Live! appena concluso), devono essere posizionati in una location molto particolare, dotata di un cielo il più possibile sgombro da nubi e poco ventoso.Il che comporta enormi spese, non solo per la realizzazione del telescopio stesso, ma anche di tutta l’infrastruttura. L’ELT, ad esempio, grazie al suo specchio primario di notevoli dimensioni (39 m di diametro) è capace di osservare i corpi celesti con un dettaglio sedici volte maggiore di quello di Hubble. Lo scopo dell’ELT è di osservare anche i pianeti extrasolari.Prima di lui, il VLT (Very Large Telescope), dotato anch’esso di un’ottica adattiva basata sulla tomografia laser, aveva già ottenuto immagini molto simili a quelle di Hubble già nel 2017.Tutto questo sta ad indicare che è davvero giunto il momento di dare una svolta all’osservazione astronomica.torna all’indice

James Webb – JWST

Parliamo finalmente di James Webb, giunto al countdown del lancio, previsto attualmente il 22 dicembre. Partiamo con l’evidenziare in quali punti i due telescopi si differenziano tra loro.

Le differenze tra HST e JWST

James Webb sarà lanciato dalla base spaziale della Guiana Francese, situata a Kourou da un razzo Ariane 5. Forse avrebbe dovuto essere Ariane 6 a compiere questa missione. Giancarlo, quando leggerai il mio articolo, mi piacerebbe avere un piccolo commento da parte tua a riguardo (grazie!).HST è stato posizionato, tramite il Canadarm dello Space Shuttle, in un’orbita bassa, al fine di permettere di eseguire le missioni correttive necessarie con maggiore facilità e rapidità.JWST, invece, sarà posizionato in un punto di Lagrange.Questi punti, sfruttati anche da altri progetti, come SOHO per l’osservazione del Sole, consentono ad un corpo di massa piccola (in questo caso al nostro James Webb) di mantenere costanti le distanze da due corpi di massa molto maggiore, in cui uno dei due ha massa maggiore dell’altro (il Sole e la Terra). In pratica, la forza gravitazionale si annulla con quella centripeta e centrifuga. In questo punto, chiamato L2, distante 1,5 milioni di Km dalla Terra, JWST, costantemente esposto verso il Sole, sarà riscaldato abbastanza, a vantaggio della sua strumentazione, e al tempo stesso, potrà comodamente osservare lo spazio profondo.JWST è un telescopio per l’astronomia ad infrarossi, mentre HST è un telescopio che opera nel visibile.

Cosa osserverà pertanto il JWST?

Come Hubble, il JWST spingerà le sue osservazioni fino al limite del big-bang, catturando le immagini delle prime galassie e degli ammassi nati 13 miliardi di anni fa.Tuttavia, JWST sarà utile anche per esplorare l’Universo a noi vicino, con il duplice scopo, da un lato di sapere di più sull’origine e la formazione dei pianeti del Sistema Solare, dall’altro di confrontarli con gli exopianeti, al fine di comprendere se la vita si sia sviluppata altrove. Infine, udite udite, potrà dare qualche barlume sulla famosa dark matter (materia oscura) che da anni stimola la fantasia di autori e registi, e dall’altra attanaglia la mente degli astrofisici.

La materia oscura, una teoria tuttora da provare

La materia oscura, è così chiamata perché osservabile unicamente in maniera indiretta, ovvero tramite i suoi effetti gravitazionali, non è altro che la massa presente nell’Universo necessaria per giustificare alcuni fenomeni cosmologici, altrimenti inspiegabili. Pensate che è pari al 90% di tutta quella presente (e visibile) nell’Universo! Ad esempio, riprendendo il concetto della lente gravitazionale, la materia oscura spiegherebbe il verificarsi di questo fenomeno in presenza di masse troppo piccole.

Il progetto

Progetto pensato dal 1989, un anno prima del lancio di HST, con il nome di Next Generation Space Telescope, la NASA ha dovuto attendere che la tecnologia, che allora non permetteva di realizzarlo, maturasse fino ai giorni nostri. In seguito, prese, giustamente, il nome dall’amministratore della NASA al tempo delle missioni Gemini, Mercury e Apollo. Praticamente un mito.

Lo specchio

Il suo grande specchio, il più grande di tutti quelli inviati nello spazio finora, è ciò che lo differenzia dagli altri telescopi spaziali: misura 6,5 m di diametro, è diviso in 18 segmenti montati su una struttura che si ripiega in 3 sezioni. È per questo motivo che è stato letteralmente “impacchettato” in perfetto stile origami per essere trasportato nel vano dell’Ariane 5. In questo modo, si dovrebbe garantire anche una precisa riapertura. Pensate che tutta la sequenza di deployment durerà circa una trentina di giorni!Su YouTube un video di animazione mostra come il tutto avverrà in maniera automatica.

La sequenza che tanto spaventa

A 5 giorni dal lancio, entreranno in azione gli svariati meccanismi che serviranno per tenere i cinque strati della struttura in posizione, distesi grazie a dei motori e delle pulegge. Tutta l’operazione sarà completata entro 4 giorni.

Successivamente, JWST accenderà un dissipatore nella zona posteriore dello specchio primario per raffreddare la strumentazione. A questo punto si aprirà lo specchio secondario, mentre per il primario bisognerà attendere qualche giorno. Dopo “soli” 13 giorni dal lancio, il telescopio spaziale sarà nella sua configurazione finale.

Altri 10 giorni serviranno per configurare il posizionamento dei 18 segmenti dello specchio primario nella per l’osservazione, per un totale di 25 giorni dal lancio. Al 29° giorno, JWST accenderà i suoi motori per arrivare alla posizione definitiva.

Saranno comunque necessari alcuni mesi per trovare la configurazione ottimale degli specchi che permetterà l’espletamento di tutti i progetti di osservazione previsti.

I possibili guasti

È talmente complesso il design di JWST, che, secondo la NASA, ci sono circa 344 elementi “single point-of-failure”, di cui l’80% associato ai meccanismi di dispiegamento. Nonostante il team di sviluppo abbia cercato di ridurne più possibile il numero, su JWST ne sono comunque presenti 144. Ad ogni modo, anche se non tutti funzioneranno alla perfezione, sono state previste azioni di backup, nonché ridondanze, per non mettere a repentaglio l’intera missione.

Possiamo solo immaginare lo stress che tutto il team NASA proverà per qualche settimana. Il lancio, infatti, non segnerà che l’inizio di una delle più complicate e costose missioni spaziali della storia. Se non erro, ho esordito allo stesso modo all’inizio dell’articolo parlando di Hubble. Come ben capite, l’avanzamento della tecnologia, almeno per ora, non è ancora in grado di abbassare i costi delle missioni.

Per fortuna c’è Elon Musk che da anni realizza razzi sempre più grandi e potenti per trasportare in maniera più economica questo tipo di strumentazione. Tra poco, sempre grazie a lui, potremo comodamente osservare l’Universo dalla Luna o da Marte, liberi dalla nostra atmosfera!

I materiali

Tuttavia, non sono solamente le dimensioni dello specchio a rendere JWST unico, ma innanzitutto i materiali utilizzati per realizzarlo: il berillio, leggero e resistente, spesso utilizzato per parti di aeroplani supersonici e persino dello Space Shuttle. Nonché il suo schermo romboidale in Kapton (un film molto sottile che mantiene una temperatura stabile in un ampio range di variazione della stessa; è usato anche nelle tute degli astronauti), che aiuterà il telescopio nella gestione delle alte temperature, attenuando i raggi del Sole.

I vari passaggi di realizzazione

La realizzazione dello specchio primario è stata estremamente complessa e laboriosa. Numerosi passaggi in diversi siti (addirittura undici) sono stati necessari per arrivare al completamento: dall’estrazione del berillio, al trasformarlo nel formato di cui si ha bisogno per formare i pezzi grezzi; dalla modellatura e alla levigatura dello specchio, al rivestimento in oro. Dopo di che, lo specchio è tornato al Marshall Flight Center della NASA per l’assemblaggio e la verifica finale.

Alla luce di quanto sopra scritto, ecco spiegato il motivo di tanta attesa: il tempo impiegato per testare tutto il sistema (meccanico, elettronico, il software, le comunicazioni con la stazione di terra, ecc.), in condizioni diverse da quelle operative (per ovvi motivi), compresi i requisiti ambientali, quali vibrazioni, temperature estreme, ecc., ha cubato anni di attività incessanti.

La verifica è essenziale per il successo di un progetto

Nel mio piccolo vi posso confermare che per arrivare al primo volo di un velivolo di linea, un oggetto più avanzato di uno precedente, ma pur sempre dotato della stessa tecnologia, di solito sono necessari almeno due anni di test (a terra e in volo); e ciò, se tutto va alla perfezione. Tuttavia, sappiamo che non accade mai.

Mettere troppa fretta nella parte di verifica è molto pericoloso: perdere una sonda o un telescopio a causa di tagli sulla parte sperimentale, costa molto di più che perdere qualche mese o anno per eseguire i test stessi. Se non credete a me, credete almeno ai film di fantascienza (ad esempio The Martian).

Astronomia in infrarosso e altre caratteristiche

Tornando alla tecnologia di cui è dotato JWST, dovendo osservare nell’infrarosso, il telescopio avrà bisogno di raffreddarsi: per questo, è dotato di un sistema criogenico e di micro-otturatori.

Perché osservare le galassie in infrarosso? Perché la luce, in quella parte dello spettro, attraversa nubi e polveri, andando fino al cuore dei corpi celesti osservati.

Osservate un’immagine di riferimento, di sicuro più esplicativa delle mie parole.

Confronto immagine in infrarosso e in ottico
Crediti immagine WikipediaJWST è un telescopio anastigmatico: è in grado di eliminare i tre principali errori dell’osservazione astronomica: l’aberrazione, il cromatismo e l’astigmatismo stesso.

Le collaborazioni

Il progetto annovera la partecipazione di NASA, ESA e CAS, l’Agenzia spaziale Canadese.Al fine di sfruttare tutte le potenzialità di JWST a livello di osservazione e analisi, sono stati vagliati oltre un migliaio di proposte provenienti da tutto il mondo. Tra gli studi prescelti, poco più di duecento cinquanta, nove saranno condotti da ricercatori italiani. Essi avranno lo scopo di studiare le nane brune, i corpi a metà tra pianeti e stelle; la nascita delle stelle e l’origine dei potenti getti di materia durante la loro formazione; la formazione delle galassie più massicce dell’universo; il ruolo dei buchi neri supermassicci nell’evoluzione galattica; e la prima generazione di stelle del cosmo.torna all’indice

Conclusioni

Certamente ci attendono anni di scoperte rivoluzionarie. Per il momento, godiamoci in prima fila il lancio ormai prossimo (meteo permettendo), e tutte le settimane necessarie al raggiungimento della configurazione finale. Sicuramente avremo di che essere elettrizzati.Spero che questo approfondimento sui telescopi e l’astronomia ti sia piaciuto. Se ti interessano altri articoli tecnici di questo tipo, scrivilo nei commenti.Condividilo con chi è appassionato di stelle, galassie e pianeti extrasolari!A presto,
Firma Cinzia

4 Commenti

  1. Giancarlo

    Ciao cara, bellissimo articolo, davvero! Tu non fai informazione, fai vero e proprio approfondimento scientifico e tecnologico. Come minimo sul piano del valore dei contenuti, non ti vedo in niente inferiore a Geopop o Random Physics.
    Ho chiesto un po’ in giro, ma non sono riuscito a stabilire con esattezza se questo lancio fosse previsto con Ariane 6. Però, considerando l’agenda e quale lanciatore lo sostituirà, direi che è molto probabile.
    Quello che posso dire a chi ci legge è che, in base alla mia visibilità, i ritardi di Ariane 6 sono dovuti a sgradevole ma ordinaria amministrazione comune a tutti i programmi aerospaziali, e non (più) a problemi tecnici duri da risolvere. Del resto Ariane ha una filosofia aziendale molto diversa da Space X e certi livelli di affidabilità operativa implicano necessariamente tempi di analisi più lunghi. Stay tuned 😉

    Rispondi
    • Cinzia

      Innanzitutto, ti ringrazio per i complimenti! Cerco solo di mettere a disposizione di chi non ha tempo (né passione) di approfondire su 1000 fonti argomenti attuali e possibilmente interessanti!
      Per quanto riguarda Ariane, hai perfettamente ragione. Non ci resta che restare sintonizzati (come dici bene tu) e attendere che anche il 6 finalmente decolli da Kourou 🙂

      Rispondi
      • PIERLUIGI ZOLZETTICH

        grazie

      • Cinzia

        Sono contenta che ti sia piaciuto!

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