No alla geopolitica spaziale, sì alla ricerca!

In questo episodio ti parlerò dei programmi spaziali alternativi a quelli dell’agenzia spaziale europea (ESA) o della NASA americana.

Chi sono gli emergenti nei programmi spaziali

Negli anni, alcuni più recentemente di altri, i Paesi emergenti si sono uniti alla corsa allo spazio, con l’intento di mettersi al pari con quanto realizzato da Europa e Stati Uniti. In particolare, mi riferisco ai seguenti: India, Emirati Arabi Uniti, Cina e Giappone.

La maggior parte dei programmi spaziali riguarda la ricerca spaziale per acquisire maggiori tecnologie, principalmente per migliorare la vita dei cittadini, in maniera autonoma, svincolandosi il più possibile dalle potenze note del settore.

Gli Emirati arabi e il loro programma spaziale

Controcorrente si muovono gli Emirati Arabi che, invece, preferiscono collaborare con gli altri Paesi, sfruttando le loro relazioni internazionali per migliorare più rapidamente nei settori in cui vogliono imporsi o cercare di imporsi, come l’aeronautica e lo spazio. Per questo motivo investono nelle società strategiche in Europa e USA.

C’è molto da fare

Finora, il programma spaziale degli UAE è limitato, nonostante la loro visione sia piuttosto ambiziosa: diventare leader nello spazio. Nell’articolo sullo space mining, ho parlato del rover lunare – Rashid – lanciato lo scorso dicembre sulla superficie lunare per raccogliere campioni a mezzo di un razzo giapponese, nell’ottica della collaborazione sopra citata.

Gli Emiratini hanno un’ agenzia spaziale e uno Space Center, con relativo sito Internet, dove non solo sono illustrate le principali missioni, i satelliti che hanno lanciato in orbita, ma, soprattutto, rendono totalmente disponibili i dati raccolti della sonda Hope, lanciata nel 2020, in orbita attorno a Marte.

Un video ne ricorda il momento indimenticabile:

Anche gli Emiratini hanno Marte al centro del loro programma spaziale

È molto interessante vedere come anche nel cuore degli Emiratini ci sia il Pianeta Rosso al centro. Infatti, la missione Mars 2117 nasce con lo stesso intento di Starship di Space X: stabilire una colonia permanente di esseri umani su un pianeta con caratteristiche atmosferiche e ambientali completamente diverse dalla Terra. Per questo motivo, realizzeranno la tecnologia di supporto alla vita.

Collaborazioni sulla ISS

Ovviamente, gli Emirati Arabi collaborano con ESA, NASA, JAXA (Giappone), CSA (Canada), e partecipano alle missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale (nel 2019, il primo astronauta emiratino vi salì a bordo).

L’India, emergente in crescita nel panorama dei programmi spaziali

Il secondo paese di cui ti voglio parlare è l’India, che vanta un sito Internet aggiornato, anch’esso bilingue, che illustra il proprio programma spaziale.

Tale programma è volto principalmente alla ricerca e soprattutto all’evoluzione dei satelliti da mettere in orbita concernenti diverse discipline: la meteorologia, lo studio della terra, la navigazione (GPS compreso), la mappatura dei disastri ambientali, la telemedicina, le telecomunicazioni e infine l’istruzione. Più che per la conquista dello spazio o per imporsi come leader, l’India intende sviluppare la capacità tecnologica del Paese e la conoscenza della Terra.

Spazio o non spazio? Questo è il problema

Sono molto favorevole all’utilizzo dell’economia spaziale per migliorare la situazione attuale. Quando le persone, soprattutto politici, non del settore, insinuano il dubbio amletico: “perché spendere tanti soldi per andare nello spazio, quando ci sono tanti problemi da risolvere sul nostro pianeta?”, questa è la risposta.

Le missioni spaziali indiane passate

Per quanto riguarda le missioni spaziali, l’agenzia spaziale indiana dichiara che finora sono state completate ben 121 missioni, 88 lanci e la messa in orbita di 13 satelliti per lo studio del Pianeta.

Il programma spaziale del futuro

Le missioni future riguardano:

  • la Chandrayaan-3, prevista per il 2024 in collaborazione con JAXA, a completamento dello studio della superficie lunare;
  • la Aditya per studiare il sole;
  • il progetto Gaganyaan che porterà tre uomini nello spazio, a 400 km di altezza per tre giorni, per completare lo sviluppo della tecnologia necessaria ai viaggi spaziali con equipaggio.

Ho trovato un video riguardo a questa missione fondamentale:

Diversi nomi per indicare i professionisti

Non credo gli Indiani abbiano un nome specifico per i loro astronauti; ad esempio, i Russi li chiamano Cosmonauti (dal Cosmodromo di Baikonur), i Cinesi li chiamano taikonauti, da taikon, spazio.

La Cina: applausi per il suo programma spaziale

Il prossimo Paese di cui ti voglio parlare è giustamente la Cina che possiede un vero e proprio programma spaziale e, similmente all’India, si tratta di attività di ricerca e sviluppo con lo scopo di migliorare la vita dei Cinesi, non rivolte alla conquista dell’egemonia spaziale. Nessun riflesso geopolitico come, invece, mi aspettavo.

Un white paper da leggere

Infatti, il sito ufficiale dell’agenzia spaziale cinese riporta integralmente il testo di un white paper che illustra le principali motivazioni che hanno spinto la Cina a sviluppare un proprio programma.

Molto interessante è il discorso dell’utilizzo della tecnologia spaziale per lo sviluppo di obiettivi sostenibili nel Paese. Sono stati evidenziati ben 17 punti di crescita: ad esempio, eliminare la povertà e la fame; aumentare l’educazione e lo stato di benessere; promuovere l’uguaglianza di genere; sanificare l’acqua e rendere l’industria ecologica; combattere il climate change. Spero non si tratti solamente di propaganda.

La storia dell’agenzia spaziale cinese (CSNA)

Un po’ di storia: l’agenzia spaziale cinese fu fondata nel 1959, all’epoca in collaborazione con la Russia. Il primo intento fu quello di utilizzare lo spazio per la difesa militare, in quanto si pensava che il lancio di missili e satelliti permettessero alla Cina di ottenere una certa supremazia, soprattutto a livello nucleare. Successivamente, la Cina si distaccò dalla Russia, pur continuando uno scambio di tecnologie e conoscenze.

Il primo taikonauta

Negli anni il know-how spaziale aumentò, finché la quinta versione del programma Shenzhou, portò nel 2003 il primo uomo cinese nello spazio, decretando, di fatto, la Cina come potenza spaziale.

Così nacque il vero programma spaziale cinese

Raggiunto tale traguardo, la Cina chiese agli Stati Uniti di poter collaborare a bordo della ISS con un loro astronauta. Purtroppo, gli Stati Uniti vietarono tale collaborazione e per questo motivo la Cina decise di progettare e realizzare la Tiangong.

Se ci pensi, in orbita ci sono due Stazioni Spaziali; ma, mentre della ISS sentiamo parlare praticamente ogni giorno, sulla Tiangong escono pochissime notizie. Eppure, lo scorso 9 febbraio è stata effettuata la prima attività extra veicolare, la famosa EVA, proprio all’esterno della stazione spaziale cinese.

Ecco il video dello storico momento:

La Tiangong

Due parole su questa stazione Tiangong: il progetto, partito nel 2011 con il lancio del primo modulo prototipo e il secondo nel 2015, iniziò l’assemblaggio dei moduli ufficiali ad aprile 2022 e fu completato alla fine dello stesso anno. I prototipi precedenti si distrussero con il rientro in atmosfera.

La collaborazione con il Pakistan

La Cina, non collabora solamente con la Russia, ma anche con il Pakistan, per cui ha ospitato un interessante esperimento a bordo di una delle missioni Shenzhou per lo studio di nuove piante che siano più resistenti all’ambiente esterno una volta piantate in Pakistan. Similmente agli esperimenti condotti dalla Cristoforetti sull’ISS, sulla Tiangong cresceranno piante in ambiente di microgravità.

Tra le missioni passate, Mars Explorer ha raccolto campioni sul Pianeta Rosso.

Missioni future: no agli astronauti ESA sulla Tiangong

Per quanto riguarda le missioni future, l’agenzia spaziale europea ha recentemente fatto marcia indietro sulla collaborazione con la Cina. Dopo essere stata ufficialmente annunciata la partecipazione di astronauti ESA a missioni sulla stazione spaziale cinese, per le quali anche la Cristoforetti si era preparata, recentemente l’Agenzia Europea ha rinunciato, con il motivo ufficiale di mancanza di budget e di scarsità di ore da dedicare ad altri progetti.

Secondo me, c’è un retropensiero legato alla guerra in Ucraina: la Cina si è sempre schierata a favore della Russia.

La Russia e il programma spaziale in stand-by

A proposito della ex-super potenza spaziale durante la guerra fredda, mi dispiace prendere coscienza che, ultimamente, abbia abbandonato il programma spaziale. Anche in questo caso, penso allo stesso motivo di cui sopra, la guerra.

L’agenzia spaziale russa si chiama Roscosmos, tuttora in attività. L’ultimo lancio di astronauti è stato a maggio del 2022. Sappiamo che la Soyuz è stata sostituita negli ultimi anni dalla Crew Dragon di Space X.

Ad ogni modo, un’ultima missione a marzo di quest’anno rimpiazzerà la capsula ora attaccata alla ISS che, a causa di un guasto tecnico, non potrà garantire il rientro di cosmonauti sulla terra.

Il Giappone e il suo fantastico programma spaziale

Infine, vorrei presentarti il programma spaziale giapponese, forse il più interessante dopo quello di NASA ed ESA. L’agenzia spaziale giapponese, nata come NASDA, nel 2003, è diventata JAXA.

I lanciatori made in Japan

Il Giappone vanta una lunga storia di lanciatori: il primo progetto risale addirittura al 1970. Nel 2013 iniziò lo sviluppo di un nuovo tipo di razzo, il modello H3, che avrebbe dovuto compiere il primo lancio il 17 febbraio scorso. La missione è stata abortita per un problema tecnico al motore del primo stadio. Il prossimo lancio è previsto alla fine di marzo.

Ecco il video che riassume il lancio abortito:

Vorrei farti notare come JAXA sia abile nell’utilizzo dei Social Media per informare il proprio pubblico sul programma spaziale, analogamente a quanto realizza NASA.

Le collaborazioni internazionali

Il Giappone collabora da sempre con la ISS: il modulo dedicato agli esperimenti, è stato proprio realizzato dall’Agenzia giapponese e diversi astronauti giapponesi sono saliti a bordo della ISS. Il Giappone partecipa anche alla missione Artemis che porterà la prima colonia sulla Luna. In particolare, realizzerà alcuni componenti della stazione orbitante Gateway.

Le esplorazioni planetarie passate e presenti

A livello di esplorazioni planetarie, i Giapponesi hanno lanciato moltissime missioni:

  • sonde su asteroidi (Hayabusa), per studiarne la composizione;
  • orbiter intorno a Venere: dopo un paio andati persi, l’attuale ha permesso di evidenziare alcuni fenomeni atmosferici simili a quelli terrestri;
  • orbiter su Mercurio.
  • IKARUS, la vela solare che sfrutta le radiazioni solari per la propulsione.

Le missioni del futuro

Le prossime del 2023 riguardano:

  • il lancio della missione SLIM, il cui lander lunare precisissimo centrerà l’obiettivo con una precisione di 100 m (l’Eagle dell’Apollo era di 20 km);
  • la JUICE (in collaborazione con ESA) che andrà verso satelliti ghiacciati di Giove;
  • la missione dedicata a Marte (MMX), programmata nel 2024, per recuperare dei campioni di regolite;
  • la DESTINY +, un progetto pilota per dimostrare la fattibilità dei viaggi interplanetari;
  • una missione, schedulata nel 2025, in collaborazione con l’India, per esplorare il polo sud della luna;
  • infine, nel 2029 partirà una missione per l’esplorazione delle comete.

Diciamolo, senza paura, che l’agenzia spaziale giapponese non solo è una delle più attive, ma possiede un programma spaziale che fa invidia alla NASA.

I telescopi

I Giapponesi hanno anche costruito diversi telescopi terrestri, e ne hanno inviati almeno un paio in orbita; l’ultimo, HINDA, partito nel 2006, è rivolto allo studio del sole. Sono pianificati due nuovi telescopi: il primo, a raggi X, in partenza quest’anno, e il secondo per l’analisi dello spettro ultra-violetto, in partenza nel 2025.

Ovviamente, il Giappone possiede anche numerosissimi satelliti per l’osservazione della terra, molti in collaborazione con ESA, con cui parteciperà anche al progetto EarthCARE.

Le future missioni americane ed europee?

Stati Uniti ed Europa non restano di certo a guardare: sono totalmente immersi nella missione Artemis che, dopo aver riportato l’uomo sulla Luna stabilmente, condurrà la prima colonia su Marte.

Starship: un nuovo passo in avanti

A questo proposito, qualche giorno fa, Space X di Elon Musk ha compiuto un passo avanti nella missione Starship: è stata testata e verificata l’intera sequenza di lancio, fino all’accensione di tutti i 33 motori del booster che spingerà la navicella verso Marte.

Ecco il video dell’accensione: spettacolare!

I motori Raptor e il metano liquido

L’aspetto interessante di questo progetto riguarda i motori Raptor, innovativi rispetto a tutti gli altri utilizzati finora per la propulsione di un razzo. Mentre tutti i progetti utilizzano idrogeno e ossigeno liquidi, Musk per questi motori ha utilizzato per la prima volta il metano liquido al posto dell’idrogeno.

Tale scelta deriva da una profonda analisi della missione verso Marte. Infatti, dovendo riportare a casa gli astronauti, ha immaginato che fosse più facile produrre del metano liquido sul Pianeta Rosso, perché la sua atmosfera è ricca di CO2, dalla quale si ricava CH4 (metano) e O2 (ossigeno).

Elon Musk è sempre un passo più avanti degli altri. Non solo sta privatizzando lo spazio, rendendone l’accesso più economico e più efficiente, ma anche più sostenibile. Non per nulla, è l’unico, fino a questo momento, ad avere realizzato razzi riutilizzabili che non producono rottami aerospaziali potenzialmente inquinanti per il Pianeta.

Purtroppo, mi duole dirlo, India, Giappone e Cina sono ancora allo stadio precedente, in grado di realizzare solamente i classici booster “usa e getta”.

Spero che questa panoramica sui programmi spaziali dei Paesi emergenti ti abbia acceso la curiosità di seguire anche queste agenzie che hanno come scopo quello di migliorare la vita qui sulla Terra e di garantire ai loro abitanti un futuro più sereno.

Condividi questo articolo con chi vuole approfondire la conoscenza del programma spaziale dei Paesi emergenti.

A presto,

Tratto dal PodcastArticoli in voce

Firma Cinzia Macchi
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