Indice

1. L’amicizia

2. Le persone che contano

3. Motivazione e riscatto

4. I miei ricordi sportivi

5. Ognuno ha i suoi demoni

6. L’amore

7. Conclusioni

Le Olimpiadi di Tokyo 2020

Credits Immagine: amicizia e campioni

Per due settimane abbiamo vissuto in una magnifica bolla, quella delle Olimpiadi di Tokyo.

Sentimenti che contano, come l’amicizia

Nonostante la pandemia, nonostante le dimostrazioni dei Giapponesi, nonostante il rinvio di un anno, questa manifestazione sportiva, la più ambita, ha regalato al mondo intero, e soprattutto all’Italia, emozioni indimenticabili e uno sport nuovo, un cui spiccano sentimenti importanti, come amore e amicizia.

Parlando di atleti, specialmente di quelli di altissimo livello, siamo abituati ad associarli a termini come disciplina, rigore, concentrazione, preparazione, costanza, determinazione, sacrifici; un po’ meno a quello che si nasconde dietro le quinte.

Qui, vi voglio parlare appunto di quella sostanza, i sentimenti, che nutre l’animo umano.

L’amicizia

Per quanto mi riguarda, ho sempre creduto che l’amicizia fosse il più importante nella vita, perché, se è vero che gli amori passano, gli amici restano sempre. Spesso confidiamo ad un amico i nostri problemi sentimentali, oppure chiediamo consigli sul lavoro, se questi ha un’esperienza paragonabile alla nostra.
Certe volte si è più sinceri con un amico che con il proprio partner, perché tra amici non si teme il confronto, ma si gioca ad armi pari.

L’abbraccio

Abbiamo visto in diretta un gesto di profonda amicizia qualche settimana addietro, in quell’abbraccio tra Vialli e Mancini alla vittoria degli Azzurri agli Europei di calcio. L’immagine simbolo non solo dello sport, ma della Nazione intera. In milioni si sono commossi davanti a quell’atto così semplice, eppure fortissimo, che ha mostrato i due campioni sportivi mentre piangevano e si stringevano dalla gioia.

Lo stesso abbraccio a cui abbiamo assistito increduli la scorsa settimana ai Giochi Olimpici, tra Giammarco Tamberi e il suo rivale nel salto in alto, di cui vi parlerò più avanti.

Amici in squadra

In una squadra, l’amicizia è ciò che segna la differenza tra una che funziona e ha successo, e una che fallisce miseramente. In qualunque campo, anche in quello più strettamente professionale. Affiatamento, sintonia, complicità, reciproco sostegno, fiducia sono solo alcuni degli elementi che rendono vincente un team, qualunque sia il risultato finale.

Nella mia esperienza personale lavorativa, purtroppo, in rare occasioni mi sono trovata a lavorare con colleghi che realmente facevano squadra. La maggior parte o mirava ad ingraziarsi il capo, o ad essere individualista e a tenersi le informazioni sotto al fondoschiena, come ho spesso lamentato.

Guarda caso, quelle squadre non sono andate tanto lontano. Inoltre, si può essere un ottimo gruppo senza dover per forza uscire a cena, andare in vacanza o in gita insieme. Ognuno ha una vita privata con certe esigenze che potrebbero non coincidere con quelle degli altri. Anche in questo caso, amicizia è essere comprensivi, accettare alcuni compromessi – meglio se win-win – e soprattutto rispettare i bisogni degli altri.

Alle Olimpiadi abbiamo viste tante storie di amicizia e affiatamento, alimentate spesso dal desiderio di riscatto e sia per gli atleti stessi, sia per chi non c’è più.

L’amicizia è d’Oro

La storia di Federica Cesarini e Valentina Rodini, Oro nel canottaggio femminile, mi ha commosso oltre che esaltato. Vedere queste due giovani così concentrate a dare il massimo (e di più) che quasi non si sono rese conto della vittoria. Nelle interviste successive, hanno dichiarato di aver vinto non solo per loro stesse e per dimostrare che sono più forti del dolore, ma soprattutto per un loro compagno di squadra che non ha potuto partecipare ai giochi, perché un maledetto tumore l’ha portato via a soli 27 anni.

Quando hai una motivazione forte, anzi fortissima, difficilmente se ti sei preparato duramente puoi fallire. È quanto tu tieni alla vittoria che te la fa raggiungere. Più i tuoi valori e più ciò in cui credi è nobile e più ti sentirai come accompagnato nel percorso che conduce alla vittoria.
Vale nello sport, ma anche nella vita e nel lavoro.

Amicizia profonda anche tra i due velisti, Ruggero Tita e Carolina Banti che ci hanno regalato un bellissimo Oro in una specialità legata al nostro Paese, quasi totalmente affacciato sul mare. Pare che entrambi si siano “scoppiati” dalle rispettive coppie professionali per riunirsi. Senza dubbio hanno fatto bene! Inoltre, sono dotati anche a livello accademico: Ruggero è ingegnere informatico e Carolina laureata in studi orientali e poliglotta (parla addirittura 8 lingue!).

Un’altra grande squadra, leggermente più numerosa, quella composta da Ganna, Consonni, Milan e Lamon che, non solo ha vinto una gara durissima e spettacolare, ma hanno pure stabilito il nuovo record del mondo! Quattro ragazzi con presente e passato molto diversi tra loro, ma uniti da un’unica passione: il ciclismo e la velocità.

torna all’indice

Le persone che contano

Oltre ai membri della squadra, l’avere attorno le persone giuste, in panchina o negli spogliatoi, nell’equipe medica, e così via, rendono il percorso degli allenamenti e della preparazione fisica sicuramente meno estenuante e quasi piacevole, diciamo pure sopportabile, perché spesso è lastricato di sofferenza, sacrificio, talvolta abnegazione.

Mi si stringe il cuore pensando alla campionessa americana Simone Biles, che dopo qualche errore clamoroso (estraneo al suo talento) ha abbandonato la competizione per problemi mentali, gli stessi che aveva accusato la Osaka qualche mese prima. Essere atleti ai massimi livelli comporta sobbarcarsi un peso, una responsabilità estrema. Tutti si aspettano che tu vinca, anche il Presidente, in questo caso degli Stati Uniti.

torna all’indice

Motivazione e riscatto

La motivazione è emersa radiosa in Greg Paltrinieri, seppur messo a dura prova da una mononucleosi che l’ha sfiancato, grazie al suo cuore smisurato, è riuscito ugualmente a portare a casa un meritatissimo argento nella sua specialità e un bronzo in una disciplina molto dura, quella dei 10Km, una vera lotta con sé stesso.

Ed eccoci all’apoteosi del riscatto e dell’amicizia. L’abbraccio tra Gianmarco – per tutti Gimbo – e Mutaz Essa Barshim.

Seguo Gimbo da alcuni anni, sia per la sua bravura, sia per il suo essere fuori dagli schemi. La sua barba a metà, il suo marchio di fabbrica, con tanto di gadget a tono. Mi è sempre piaciuto. Una persona semplice, solare, festosa, ma determinata e grintosa allo stesso tempo.

Tutte qualità che lo hanno portato alla vetta. Conosciamo fin troppo bene la sua storia travagliata e ricordiamo quel famigerato salto che, spingendolo troppo in alto a Berlino, gli ha causato la rottura del tendine d’Achille, impedendogli di andare a Rio nel 2016 poche settimane dopo. Un po’ come Sofia Goggia.

Posso solamente immaginare la rabbia prima, lo sconforto e la delusione poi. Un po’ come gli artisti che hanno un passato travagliato,

i veri campioni escono vincenti proprio quanto tutto rema contro. Giambo, e molti come lui, ha avuto la costanza, la forza e la consapevolezza per continuare, non appena guarito, gli allenamenti e tornare a vincere.

Tuttavia, Gimbo sarà ricordato non solo per questa straordinaria vittoria, o per il suo mitico gesso che ha portato con sé a memoria dell’infortunio, quasi un cimelio, una specie di amuleto, ma soprattutto per l’amicizia con il suo rivale.

Con Mutaz condivide sia la passione – e il talento – per il salto in alto, e direi anche un po’ di sventura, perché entrambi vittime di brutti infortuni, sia una profonda amicizia. Quando, dopo aver sbagliato l’ultimo salto, il giudice ha chiesto “cosa volete fare?” e Mutaz cha chiesto “avete due Ori?” si è capito immediatamente quanto contasse quest’amicizia per entrambi. Un momento senza precedenti (probabilmente pure senza seguito) che ha fatto commuovere ed esultare gli Italiani e tutti i tifosi dello sport.

Un gesto nobile e di condivisione che ha unito ancor più questi due grandissimi campioni. Il modo migliore di chiudere l’avventura Olimpica di Tokyo, alla faccia della pandemia che ha tentato di isolare tutti gli esseri umani.

torna all’indice

I miei ricordi sportivi

Tornando alla ginnastica artistica, la stessa Vanessa Ferrari ha una storia di sofferenza fisica – ha subito diverse operazioni – che non è stata sufficiente a sconfiggere né il suo enorme talento, né la sua voglia di vincere.

Qui la mia memoria mi porta indietro di parecchi anni.

Anch’io sono stata un’atleta di un certo livello, nel nuoto sincronizzato, arrivata fino ad un meeting europeo , dopo aver vinto i campionati italiani di categoria, in doppio e in squadra, ho conquistato il bronzo nel singolo.

Sappiate che è proprio questa medaglia quella che ho portato tutta la vita nel cuore.

Arrivavo da un anno di otiti ricorrenti e immagino sappiate cosa significa per chi sta in vasca dalle tre alle sei ore ad allenarsi. Non riuscivo ad andare un po’ in profondità senza provare dolori assurdi. Probabilmente, ho anche rischiato di perdere l’udito.

Tuttavia, in quei momenti non ti importa nulla, vuoi solamente andare in gara e possibilmente mostrare a tutti il tuo talento e far valere mesi (direi anni) di sacrifici.

E così è stato.

Arrivai solamente 8° negli esercizi obbligatori (quelli noiosi senza musica in cui dimostri di saper eseguire perfettamente i fondamentali) sia per colpa delle mie orecchie, sia per colpa di una dieta che mi aveva fatto perdere alcuni Kg a vantaggio di una maggiore massa muscolare, che, in un certo senso, aveva stravolto il mio equilibrio in acqua.

La mia compagna di doppio, invece aveva vinto gli obbligatori e avrebbe sicuramente preso l’oro anche nel singolo. Nel doppio non ci fu storia, il nostro esercizio era fantastico e aveva musiche stupende (tra cui The Final Countdown e Don’t stop ‘til you get enough): portammo a casa l’oro.

Quando dovetti esibirmi nel singolo, seppure partendo da super sfavorita, non so bene cosa mi sia accaduto, ma raggiunsi lo stato di flow e il mio esercizio fu perfetto. Ricordo che facevamo i conti per vedere se fossi riuscita nell’impresa di salire sul podio. Ci riuscii. Scalzai dal 3° posto chi era arrivata terza negli obbligatori e lasciai tutti a bocca aperta. Urlavamo tutte come pazze dalla gioia!! Persino i giudici a fine gara me fermarono facendomi i complimenti. Simo – la nostra severissimo allenatrice – che raramente aveva parole buone per noi, mi disse “non ti ho mai vista così in allenamento. Hai tirato fuori tutta la tua voglia di vincere”.

Concludo questo momento amarcord dicendo che noi ragazze eravamo molto affiatate e amiche, mentre, purtroppo, in alcuni casi i genitori erano un po’ più sul piede di guerra. Per fortuna non ci siamo fatte influenzare e solamente da adulte ce ne siamo realmente rese conto.

torna all’indice

Ognuno ha i suoi demoni

Vi voglio raccontare un’altra storia interessante, quella di Marcell Jacobs. Personalmente, non lo avevo mai sentito nominare prima di queste Olimpiadi, però lo avevo notato tra le varie figurine degli atleti di Esselunga. Dopo averlo visto in azione nelle batterie e nella semifinale, mi sono ricreduta. Non può essere un “outsider” e correre così! Perciò, ho messo la sua figurina da parte, a mo’ di immaginetta, avvertendo un presagio di vittoria.

L’atletica leggera (chissà poi cos’ha di leggero uno sport così faticoso!) è una delle discipline più seguite perché adrenalinica, molto varia ed entusiasmante, sia per gli spettatori, sia per gli atleti.

Come certamente molto vdi voi, sono da sempre appassionata dei 100m, del salto in alto e salto in lungo, anche del triplo. Tutte specialità che considero “assurde”. Riuscire a correre a 40 Km/h o a sollevare il fondoschiena a 2.4 m o ancora riuscire in un salto a passare sopra al nostro intero soggiorno, come dice sempre mio padre.

Da ragazzina sono stata super innamorata di Carl Lewis. Un dio nero, statuario, carismatico. Lui era il solo che poteva vincere addirittura in specialità diverse, quali i 100 e 200 m e il salto in lungo. Parallelamente ricordo l’odio per Ben Johnson, trovato poi positivo. Ad ogni modo, la storia del doping nei 100 m, è un ciclo che si ripete inesorabilmente. Lo dissero all’epoca anche di Carl Lewis, poi di Usain Bolt (altro mio grande adorato!) e oggi lo dicono di Jacobs. Meglio stare super attenti e non cadere in tentazione di chi propina strani intrugli.

;p>Ci sono diversi avvenimenti che mi sconvolgono sulla vittoria di Jacobs. Già il fatto che fosse entrato per la prima volta nella storia in finale, mi aveva stupito. Va bene, non è un italiano doc, ha metà sangue afro-americano e come tutti sanno, costituisce un ingrediente fondamentale nell’atletica, soprattutto nei 100 m. Pure Jessie Owens, che ha sbaragliato tutti i concorrenti nel 1926 e sbalordito tutti gli spettatori, guarda caso, era nero.

Ad ogni modo, quando è partito così bene, ho capito immediatamente che avrebbe vinto. Urlavo come una forsennata e non mi ha deluso. Fantastico! Ero così felice! Anche Marcell è bello come il sole, ha portamento fiero e soprattutto è molto simpatico e loquace. Certo, vicino al mitico Giambo può apparire addirittura “timido”, ma in fondo è un ragazzo normale, fatto salvo per quelle due medaglie d’oro…

Mia madre sostiene che tutti gli atleti siano belli. Lo penso anch’io. Alcuni forse un po’ più di altri, ma, è vero, lo sport rende chi lo pratica migliore sotto molti aspetti, non solo fisici.

La parte interessante della storia di Jacobs arriva qui. La madre italiana ha conosciuto il padre Lamont negli USA, si sono sposati molto giovani e Viviana è rimasta incinta subito. Poco dopo però, il marito, militare, fu mandato in missione in Corea. La madre, di fronte a questo dilemma, ha preferito tornare in Italia e ha cresciuto da sola il piccolo Marcel. Vivere senza un genitore non è cosa facile.

Proprio questa mancanza dona quella spinta in più per riuscire nella vita. Marcel è un predestinato e come altri atleti, ha praticato ad un certo livello diversi sport, prima di eccellere in uno in particolare. Lui avrebbe preferito essere un calciatore, ma col fisico bestiale che si ritrova, gli avrei consigliato pure io di darsi alla corsa veloce. Quello che l’ha fatto vincere, la sua personale voglia di riscatto, non è legata ad un infortunio, ma a un desiderio li liberazione nel suo intimo e di rivincita, nei confronti di chi non lo reputava all’altezza. Ecco cosa significa vincere su propri demoni.

I demoni si sconfiggono insieme

Anche nella staffetta 4×100 i sui 100 metri questi sentimenti aiutato la squadra a vincere. I Fantastici 4, come sono stati subito rinominati, ha visto tornare agli splendori anche Filippo Tortu, un po’ sottotono nei Giochi, non avendo conquistato nessun risultato di rilievo.

Eppure, senza togliere il merito agli altri membri della squadra, Filippo ha vinto sia la sua battaglia personale, sia la gara. Infatti, recuperando il cambio un po’ corto, nel quale aveva perso terreno prezioso, guadagnato dai suoi colleghi, è riuscito addirittura a superare l’Inglese che era sicuro di essere il vincitore. Gara pazzesca! Giusto che al rientro Filippo sia stato accolto come un vero Campione. Lo è al 100%.

torna all’indice

L’amore

Certamente, dietro ad ogni grande sportivo, così come dietro ad ogni grande essere umani, alle spalle c’è uno stuolo di persone fondamentali per raggiungere il successo. A partire dai genitori, che talvolta sono anche allenatori (vedi Tamberi e Tortu), della famiglia intera, dei fidanzati/e, mogli e mariti, infine dello staff. È bellissimo vedere tutti i campioni ringraziarli subito dopo la vittoria.

Per molti di essi, la presenza del compagno (o della compagna) è stato fondamentale: pensiamo a Federica Pellegrini, che ha dichiarato pubblicamente il suo amore per l’allenatore in contemporanea con la notizia dell’abbandono delle gare. Oppure a Giambo che ha detto alla telecamera un “ti amo” da brivido.

L’amore smuove le montagne, dona forza e vigore, sostegno, incoraggiamento. Avere accanto una persona che crede in te e lo dimostra quotidianamente, è più potente di qualsiasi droga. Esattamente ciò che ha detto la madre di Jacobs in risposta alle insinuazioni sul doping del figlio. L’amore per – e della – sua compagna, quello per i figli, per la madre sono la sua spinta: per vincere un uomo non ha bisogno di chissà quali sostanze. Ovviamente, ci dev’essere una buona (ottima) base di partenza.

Amore per la Patria

Anche la giornalista Giovanna Botteri, solitamente tutta d’un pezzo, si è lasciata andare indossando la bandiera italiana durante un suo servizio e dichiarando, come altri, che questa Italia che vince nei vari sport, a ridosso di mesi dolorosi, sofferti, di sacrifici, di reclusione, di isolamento, è simbolo di rinascita a nuova vita.

Negli ultimi due anni, tutta la popolazione ha dimostrato di sapersi donare in nome di qualcosa di più nobile dei propri interessi, a beneficio dell’intero Paese. Queste vittorie faranno da volano, infondendo fiducia a chi l’aveva persa, coraggio a chi si sente sperduto e contribuirà certamente a rilanciare l’economia malconcia e a porci, me lo auguro, al centro dell’Europa. L’Italia che vince è un Italia che piace. Dovrebbe essere il nostro nuovo slogan. Sicuramente il Presidente Mario Draghi ha dato il via a questa serie di eventi positivi, perché ci ha fatto realmente credere che i desideri a volte si avverano.

torna all’indice

Conclusioni

L’amicizia, l’amore e lo sport

Queste Olimpiadi resteranno a lungo nei nostri cuori, in primis perché sono state le prime a valle della pandemia. Ci auguriamo che ne allontanino sempre di più dalle nostre menti, se non dalle nostre vite. Ce le ricorderemo però soprattutto per tutti i momenti di onestà, lealtà, supporto reciproco, che elevano gli esseri umani.

Chiudo con i complimenti a “mamma Rai” per aver ideato la trasmissione “il Circolo degli Anelli” che ogni sera va in onda sul 2. La presenza della mitica Sara Simeoni e del super Signore degli Anelli Juri Chechi, di Fioravanti e altri personaggi sportivi di rilievo, unita alle interviste e ai retroscena dei famigliari degli atleti, mi ha intrattenuto piacevolmente, mi ha emozionato e permesso di vivere spaccati della vita reale di campioni.

Spero che abbiate seguito anche voi le Olimpiadi con il mio stesso entusiasmo e che vi abbiano allargato il cuore così come hanno fatto col mio.

Infine, vi consiglio il mio altro articolo sullo sport.

Firma Cinzia

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pin It on Pinterest

Share This

Condividi questo articolo!

Se ti è piaciuto, consiglialo ai tuoi amici e follower 😊